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IL FILM

Lui è tornato: c’è un Hitler nel nostro futuro?

Tra breve arriverà anche da noi il film tedesco Lui è tornato, una commedia grottesca in cui il protagonista (“lui”) è Adolf Hitler. Aggirandosi smarrito nella Berlino odierna, dice di essere esattamente quel che è e in poco tempo avrà grandissimo successo tra le gente per le sue ricette politiche. Come allora...

Cinema e tv 16_04_2016
La locandina del film Lui è tornato

Tra breve arriverà anche da noi il film tedesco Lui è tornato, una commedia grottesca in cui il protagonista (“lui”) è Adolf Hitler. Sì, proprio lui, risvegliatosi –non si sa come- dopo sessantasei anni e rimasto fisicamente così com’era. Aggirandosi smarrito nella Berlino odierna, stupisce di quel che vede e di ciò che è diventata la sua Germania. Nel film, però, Hitler non è il pazzo paranoico e, ultimamente, macchiettistico che settant’anni di propaganda hanno dipinto. Al contrario, è lucido, calmo, razionale e perfettamente padrone di sé. 

Esilarante la scena in cui, in albergo, fa zapping nel televisore e vede che la Germania è comandata da una donna con la faccia da pesce lesso (cito) e che in quasi tutti i programmi l’”eroe” è un cuoco intento a friggere. “Lui” va in giro per la nuova Germania con indosso la divisa di Führer -per la semplice ragione che è l’unico vestito che ha- e dice di essere esattamente quel che è. Ma, ovviamente, nessuno gli crede. Anzi, i turisti lo cercano per un selfie e in tanti, ridendo, lo salutano a braccio teso. Un produttore televisivo fallito ha la felice idea di farlo comparire in un talkshow, dove tutti sono convinti che si tratti di un comico. E “lui” non fa altro che dire seriamente chi è e, apertamente, come la pensa. 

In breve il fenomeno diventa virale, anche perché “lui” propone soluzioni spicce a problemi apparentemente irrisolvibili. I tedeschi, infatti, sono scontenti delle tasse, dei troppi immigrati, della politica estera eccetera.  E “lui”, con calma e precisione, fornisce le sue semplici ricette per rimettere le cose a posto. Quando i produttori televisivi si rendono conto che la situazione sta loro sfuggendo di mano, è troppo tardi. Chiudono la trasmissione, col solo risultato di vedere il loro share crollare a picco. Ormai la gente vuole vedere e sentire “lui”. E anche quando il suo talent-scout scopre, disperato, che “lui” è davvero Lui e non un comico, ormai la valanga è in movimento. 

Il film si ferma qui, perciò non si sa se il redivivo Hitler riuscirà a tornare ad essere il Führer dei tedeschi a furor di popolo (“lui”, nel film, a chi lo accusa di essere antidemocratico ricorda che, al contrario, è stato eletto nel 1933 con un votazione plebiscitaria, e di essere, perciò, molto più democratico di chi lo accusa), ma astutamente nasconde la mano dopo aver lanciato il sasso. Il film fa anche ridere, sì, ma dice in pratica che la storia può ripetersi, e hai voglia di demonizzare! Infatti, il Führer e, da noi, il Duce, spuntarono tra i loro popoli in una situazione di gravissima crisi economica, di disordini continui, di corruzione diffusa, di scollamento plateale tra la gente e le classi dirigenti, di conseguente disaffezione politica, di delusione quando non disperazione. Vi ricorda niente? 

Mutatis mutandis, ecco il messaggio del film: siamo seduti su un vulcano (e se così si sentono i tedeschi, gli italiani su che cosa stanno seduti?); il primo che si alzerà e dirà «signori, datemi tutto in mano ché ci penso io» ha agghiaccianti probabilità di essere ascoltato. Per quanto folle possa essere la sua filosofia di fondo. Come la pensasse Hitler si sapeva dal suo Mein Kampf. La sua visione era già tutta lì. Ed era, ripetiamo, agghiacciante. 

Pochi giorni fa, in Italia, è scomparso un ideologo che ha scritto un solo libro e ha fondato un movimento politico di tutto rispetto, il quale ha avuto i suffragi di tutti gli “indignati” italici e il cui front-man è un comico. Lungi da noi, ovviamente, paragonare Casaleggio a Hitler, ci mancherebbe: l’ingegneria sociale di “Gaia” è assolutamente non razzista, pacifica e incruenta. Ma, stante la puntuale analisi condotta dal sociologo Massimo Introvigne su queste colonne, possiamo dirla, in prospettiva, meno inquietante?