L'odio contro Kirk è il clima che si respira anche in Italia
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Nei resoconti di giornali e tv nostrani il giovane conservatore ucciso il 10 settembre - e che stava per entrare nella Chiesa cattolica - viene mostrificato giustificandone l'assassinio. È la dimostrazione di un clima di odio e violenza che colpisce chiunque non si allinei al pensiero unico su aborto, vaccini, clima, gender, immigrazione.

«Vorrei essere ricordato per il coraggio della mia fede, questa sarebbe la cosa più importante. La cosa più importante nella mia vita è la fede». Questo era veramente Charlie Kirk, ucciso il 10 settembre da un 22enne consegnato ieri alla polizia dai suoi genitori. Non è ancora chiaro il motivo che ha spinto Tyler Robinson, questo il nome del killer, a uccidere Kirk ma dalle prime testimonianze si sa che considerasse il 31enne leader conservatore un «diffusore di odio».
Bisogna tristemente notare che oggi questo pensiero non è soltanto di Robinson che ha materialmente preso la mira e premuto il grilletto, ma anche di una parte importante dell’opinione pubblica e certamente dell’intelligentsia di sinistra, che in questi giorni sta offrendo il peggio di sé. «Diffondere odio», per la cultura veicolata dai principali media e opinion leader, è esprimere giudizi che partono dalla fede o che comunque contraddicono il pensiero dominante. Diffonderebbe odio chi è contro l’aborto, chi si oppone all’obbligo vaccinale soprattutto per certi vaccini, chi non accetta l’ecologismo come religione, chi avverte il pericolo dell’ideologia gender e dell’agenda Lgbtq, chi non vuole un’immigrazione incontrollata.
Basta guardare a come, anche in Italia, la stampa ha dato la notizia dell’uccisione di Kirk: no-vax, complottista, negazionista climatico, che negava i diritti delle donne e degli omosessuali, etichette infamanti che ne giustificano l’uccisione o perlomeno ne minimizzano la gravità. E nel mondo dei social il profilo si è arricchito di ulteriori accuse che ne fanno un mostro: era «per la lapidazione dei gay», «giustificava le stragi nelle scuole», «razzista», «nazifascista» e così via. Accuse inventate di sana pianta ma che nessuno ovviamente si preoccupa di verificare e che di post in post diventano sempre più virulente. Il caso dello scrittore Stephen King, che si scusa pubblicamente per aver rilanciato la falsa attribuzione della frase sulla lapidazione dei gay, è unico ma anche rivelatore del fenomeno.
Ma a fare rabbrividire sono anche le dichiarazioni di tanti opinionisti nostrani. Citiamo il matematico Pierluigi Odifreddi: «Sparare a Martin Luther King e sparare a un rappresentante di MAGA sono due cose molto diverse», ha detto alla trasmissione di La7 L’aria che tira; o l’analista Alan Friedman, editorialista de La Stampa, che su X ha scritto che «Charlie Kirk, il propagandista MAGA ucciso ieri, era un amico di Trump. Sostenne la violenza del 6 gennaio 2021. Disse che le donne nere non avevano diritto al lavoro, che i gay andavano uccisi, e fece propaganda pro-Putin. La violenza in America cresce grazie a gente come lui».
E dobbiamo citare lo scandaloso, anche se ormai non più sorprendente, commento di Avvenire, che in modo più analitico rafforza il concetto di Alan Friedman, attribuendo a lui e Trump la responsabilità del clima di violenza attuale che si respira negli Stati Uniti, e descrive Kirk come «potente e seguito influencer della destra più estrema» che «mescola negazionismi climatici a sulfuree teorie razziali» (noi continuiamo a porre sempre la stessa domanda: ma tra i vescovi italiani nessuno chiede conto di quanto si pubblica a loro nome?).
Insomma, anche quando si condanna la violenza, nel migliore dei casi si ritiene che a provocarla siano Trump e i suoi seguaci, quindi alla fine Kirk se l’è cercata o, come dice Odifreddi, «chi semina vento raccoglie tempesta».
Ma Charlie Kirk non era definito dalle opinioni (che possono sempre essere discusse), le parole citate all’inizio spiegano bene cosa lo muovesse e perché sfidava chiunque a dibattere con lui: a partire dalla fede c’era una ricerca della verità che si giocava nel giudizio sulla realtà, che approfondiva le ragioni della sua posizione confrontandosi con le ragioni degli altri. A questo serviva quella specie di format “Prove me wrong” (Dimostrami che ho torto) con cui nelle Università sfidava chiunque a dibattere sui temi importanti. Proprio questa passione stava conducendo Charlie all’ingresso nella Chiesa cattolica insieme a sua moglie Erika.
L’odio che in questi giorni viene riversato su Charlie Kirk, il clima velenoso che si respira, non riguarda solo lui o gli Stati Uniti. Sta accadendo anche in Europa, anche in Italia: il caso Bellavite e Serravalle ne è l’esempio più recente. Un ricercatore stimato, con numerose pubblicazioni scientifiche sul tema, e un pediatra illustre, vengono cancellati da un comitato scientifico sui vaccini a furor di opinionisti, virostar e politici di sinistra – e grazie a un ministro inetto. Bollati con il marchio di infamia “no-vax”, quando si sono sempre spesi per la libertà vaccinale. Ma a proposito di vaccini ricordiamo l’odio scatenato a reti unificate, anche dal capo e dai membri del governo, contro chiunque durante l’emergenza Covid mettesse in discussione le misure di lockdown e la vaccinazione obbligatoria.
Allo stesso modo abbiamo visto più volte assaltata la sede romana di ProVita & Famiglia perché l’aborto deve essere un diritto e possibilmente anche un dovere. E ancora: fior di scienziati esperti di clima che vengono ostracizzati e impediti di un confronto accademico sui cambiamenti climatici, perché il riscaldamento globale è un dogma intoccabile e chi lo mette in discussione è un “negazionista”, termine odioso che vuole accostare chi cerca di dibattere su basi scientifiche ai neonazisti che negano la Shoah. E si può continuare, con l’etichetta squalificante di omofobo e transfobo e il linciaggio mediatico contro chiunque si oppone al riconoscimento delle unioni civili, alle adozioni per le coppie omosessuali e perfino all’utero in affitto. Per non parlare delle accuse di razzismo, che non ammettono repliche, a chi difende il diritto di un Paese a colpire l’immigrazione illegale.
Tutte battaglie peraltro che vedono la Bussola in prima linea; in questo clima di odio e violenza non possiamo perciò non sentirci un obiettivo. È il prezzo da pagare per perseverare nella Verità, non ci lamentiamo per questo.
Ma non possiamo non considerare favoreggiatori di questo clima da guerra civile i personaggi istituzionali che dovrebbero rappresentare tutti gli italiani, lavorare per la pacificazione, e che invece combattono battaglie faziose. Incluso il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sempre sensibile nel condannare la violenza ma che di fronte ai casi sopra citati si trova sempre dalla parte di chi impone il pensiero unico o si distrae quando le vittime non sono di sinistra.
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