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Il documento

Lobby trans e danni per bambini, uno studio USA fa luce

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I danni causati da trattamenti ormonali e interventi chirurgici per bambini e adolescenti sessualmente confusi, l’influenza della lobby transessualista, l’alterazione della realtà del consenso/dissenso nelle associazioni mediche: lo studio del Dipartimento della Salute degli Stati Uniti.

Vita e bioetica 06_12_2025

Non ci sono prove sui presunti benefici dei trattamenti per la “transizione di genere” di bambini e adolescenti, mentre c’è una vasta gamma di rischi di danni significativi associati a quegli stessi trattamenti. Ma questi danni spesso non emergono a livello scientifico perché la lobby transessualista ha ormai un potere tale da riuscire a tacitare il dissenso in molte associazioni mediche. Si può sintetizzare così l’ampio studio pubblicato dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS) degli Stati Uniti e intitolato Trattamento della disforia di genere pediatrica. Rassegna delle prove e delle migliori pratiche.

Questa rassegna nasce a seguito di un ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump il 28 gennaio 2025 e si inserisce nel solco della diffusa consapevolezza a livello internazionale sui danni che la chimera del “cambio di sesso” reca con sé. Una consapevolezza a macchia di leopardo, certo, e che pure ha già portato alcuni dei Paesi più progressisti (dal Regno Unito alla Svezia) a fare marcia indietro rispetto ad alcune concessioni al transessualismo, in particolare per gli interventi riguardanti i minori.

Dell’interessante rassegna dell’HHS mettiamo a fuoco tre-quattro punti chiave. Il primo: «La diagnosi di disforia di genere si basa interamente su auto-valutazioni soggettive e osservazioni comportamentali, senza alcun marcatore oggettivo fisico, diagnostico o di laboratorio. La diagnosi si concentra su atteggiamenti, sentimenti e comportamenti che notoriamente fluttuano durante l’adolescenza». In buona sostanza, il documento ricorda che la letteratura scientifica più rigorosa ci dice che i disturbi legati a una presunta “disforia di genere” si risolvono nella gran parte dei casi in modo naturale, col passare dell’adolescenza, senza nocivi trattamenti ormonali né tantomeno interventi chirurgici.

Trattamenti e interventi che all’opposto sono promossi dal cosiddetto “modello affermativo dell’identità di genere”, che finisce per deturpare bambini e adolescenti con un corpo in origine sano. «Questi interventi – spiega la rassegna – comportano il rischio di danni significativi, tra cui infertilità/sterilità, disfunzioni sessuali, compromissione dell’accumulo di densità ossea, effetti cognitivi negativi, malattie cardiovascolari e disturbi metabolici, disturbi psichiatrici, complicanze chirurgiche e rimpianti».

A proposito di tali rimpianti, la rassegna menziona il fenomeno dei detransitioners, cioè di quelle persone che si sono sottoposte alla “transizione di genere”, ne hanno constatato sulla propria pelle – quando era ormai tardi – gli effetti devastanti, e oggi mettono in guardia bambini e adulti a non cadere nel loro stesso errore. Voci preziose, queste, e che tuttavia vengono troppo spesso ignorate.

E qui veniamo a un altro punto fondamentale: il condizionamento – a livello politico e medico – operato dalla lobby trans. La rassegna fa presente che «negli Stati Uniti, le linee guida cliniche più influenti per il trattamento della disforia di genere pediatrica sono pubblicate dalla WPATH e dalla Endocrine Society». I lettori della Bussola ricorderanno che proprio la World Professional Association for Transgender Health (WPATH) è finita nel 2024 al centro di un enorme scandalo, a seguito della pubblicazione di una serie di suoi file interni, da cui è emerso che i medici di questa potente associazione hanno spesso consapevolmente improvvisato i trattamenti su bambini e ragazzini sessualmente confusi, trattandoli come cavie (vedi qui).

Lo studio dell’HHS si sofferma su come la WPATH ha elaborato l’ottava versione dei suoi Standard di cura (SOC-8): «La WPATH ha soppresso le revisioni sistematiche che i suoi leader ritenevano potessero minare il suo approccio terapeutico preferito. Gli sviluppatori degli Standard di cura-8 hanno anche violato i requisiti di gestione dei conflitti di interesse ed eliminato quasi tutti i limiti di età raccomandati per gli interventi medici e chirurgici in risposta alle pressioni politiche». Quindi, la più influente associazione mondiale in tema di trattamenti per la “transizione di genere” ha eliminato ogni prudenza ed evidenza contraria alla stessa ideologia transessualista.

Sull’alterazione della realtà del consenso/dissenso, lo studio aggiunge: «Le associazioni mediche statunitensi hanno svolto un ruolo chiave nel creare la percezione che esista un consenso professionale a sostegno della transizione medica pediatrica. Questo apparente consenso, tuttavia, è guidato principalmente da un piccolo numero di comitati specializzati, influenzati dalla WPATH. (…) Esistono prove che alcune associazioni mediche e di salute mentale abbiano soppresso il dissenso e soffocato il dibattito su questo tema tra i propri membri».

A finire vittima dell’atteggiamento antiscientifico promosso dalla lobby trans è anche la psicoterapia, che il documento dell’HHS indica come «un’alternativa non invasiva» rispetto ai trattamenti ormonali e chirurgici. Lo studio sottolinea che gli approcci psicoterapeutici volti a trattare chi dice di soffrire di “disforia di genere” vengono spesso squalificati a priori con il marchio di “terapia di conversione”. Espressione che gli attivisti trans usano perché concepiscono l’identità di genere percepita (non corrispondente al sesso reale) come un dogma. E perciò temono un approccio psicoterapeutico serio, che dovrebbe aiutare la mente di chi è sessualmente confuso a riconoscere la realtà del suo corpo sessuato, così da evitare di rovinarlo.



LO SCANDALO

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