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IMMIGRAZIONE

Lo ius scholae è inutile, se nelle famiglie musulmane resta il patriarcato

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Ius scholae? Sarebbe inutile e il caso di Saman Abbas, la ragazza pakistana assassinata dai suoi famigliari, lo dimostra. Le istituzioni interne alla famiglia sono l'ostacolo maggiore all'integrazione.

Politica 26_08_2024
Fiaccolata in ricordo di Saman Abbas (La Presse)

Il 22 agosto è arrivata in Italia, estradata dal Pakistan, Nazia Shaheen, la mamma di Saman Abbas, la giovane di origine pakistana che viveva con la famiglia in Italia ed è stata uccisa nel 2021 dai parenti perché aveva rifiutato di sposare l’uomo che avevano scelto per lei, un cugino residente in Pakistan. Dell’omicidio furono accusati Nazia, suo marito Shabbar Abbas, e inoltre uno zio e due cugini di Saman. Questi ultimi erano stati arrestati. Ma Nazia e Shabbar subito dopo l’omicidio erano tornati in Pakistan. Shabbar è stato arrestato solo nel novembre del 2022 ed estradato un anno fa. L’arresto di Nazia risale allo scorso maggio. Come il marito, a dicembre è stata condannata all’ergastolo mentre lo zio di Saman è stato condannato a 14 anni di carcere e i suoi cugini sono stati assolti.

Quello di Saman è stato un omicidio che noi chiamiamo “delitto d’onore”. Il Pakistan è un paese islamico e, dove l'islam definisce le regole di buon comportamento, le donne, siano esse mogli, figlie, sorelle, non devono suscitare dubbi sulla loro modestia e sulla loro integrità morale intrattenendo rapporti inappropriati con uomini estranei alla famiglia: a seconda dei contesti, si ritiene disonorevole, inaccettabile un semplice contatto fisico o anche solo un incontro, uno scambio di parole senza la presenza di terze persone. L’onore di una famiglia si ritiene comunque compromesso quando i suoi componenti non obbediscono al capofamiglia, dimostrando al mondo che manca dell’autorità e della determinazione necessarie a farsi rispettare. Per il decoro e la stima famigliare si ritiene che i capifamiglia abbiano il dovere di vegliare sul comportamento dei congiunti, in particolare di donne e bambini, di punirli a discrezione se lo ritengono giusto.

Prima di rifiutare il matrimonio con l’uomo al quale i genitori l’avevano destinata, Saman con il suo comportamento – frequentare un ragazzo, andarsene di casa – aveva già gravemente compromesso l’onore della sua famiglia. Ai nostri occhi lei è la vittima, chi l’ha uccisa il colpevole. Viceversa agli occhi dei parenti di Saman, e di chi ne condivide le convinzioni, lei ha commesso un delitto, si è macchiata di una colpa imperdonabile, le vittime sono loro e per questo è stata punita. I famigliari di Saman in Italia possono respingere le accuse soltanto affermando di essere innocenti. Invece ci sono paesi in cui chi commette un omicidio d’onore può persino ammettere la propria colpevolezza perché l’opinione pubblica è dalla sua parte, la legge, seppure condanna l’omicidio, contempla delle attenuanti e le autorità sono restie a intervenire. In Giordania, ad esempio, grazie agli articoli 98 e 340 della costituzione un uomo può ammettere di aver ucciso una congiunta “in un impeto di rabbia” e in risposta “a un atto grave e ingiusto” e ottenere gli arresti domiciliari o essere condannato a pene lievi.

Il matrimonio imposto a Saman è una istituzione cardine delle società patriarcali. È molto più vincolante per le femmine che per i maschi tanto più se associato a due altre istituzioni adottate da tante società patriarcali: il matrimonio precoce, anche molto prima del raggiungimento della maggiore età, e il prezzo della sposa, un “compenso” corrisposto dal marito alla famiglia che acconsente a cedere una figlia. Entrambe infatti trasformano il matrimonio combinato in forzato, senza scampo. Da anni in Italia si scoprono casi di matrimoni combinati, di recente anche in aumento. L’istituzione patriarcale presente in Italia che invece più spesso penalizza irreparabilmente i figli maschi è la facoltà del padre di decidere quando devono incominciare a lavorare per contribuire all’economia famigliare. Comporta che anche il più promettente degli studenti possa essere costretto a interrompere gli studi senza aver conseguito un diploma.  

Esistono dati che documentano la presenza di queste e altre istituzioni nel nostro paese. Tra le altre le mutilazioni genitali femminili, un’ulteriore istituzione patriarcale subita ogni anno da milioni di bambine, tanto diffuse nel nostro paese da aver reso necessaria una legge per prevenirle e sanzionarle, istituita nel 2006. Però si tratta di dati sottostimati a causa della difficoltà di individuare i casi, legati come sono alla sfera domestica e famigliare. Concorrono a celarne l’esistenza, un consistente consenso tra le comunità straniere e una certa reticenza ad affrontare il problema, secondo una consolidata convinzione che le istituzioni altrui non dovrebbero essere criticate, per quanto appaiano discutibili, che farlo dimostra un colpevole e ingiustificato senso di superiorità. 

Il timore peraltro infondato che i minori stranieri vedano i loro diritti meno tutelati per il fatto di non godere della cittadinanza italiana sta infiammando proprio in questi giorni il dibattito sulla necessità o meno di abbandonare lo ius sanguinis e sostituirlo se non con lo ius soli con il cosiddetto ius scholae, per anticipare dai 18 attuali a 16 anni il momento in cui i genitori stranieri di un minore ne possono chiedere la naturalizzazione. Quale che ne sia l’esito, chi ha davvero a cuore la tutela dei diritti di tutti i minori che vivono nel nostro paese fin da ora dovrebbe chiedere tutta l’attenzione e l’impegno possibili per proteggere i minori stranieri dalle violenze che possono subire dalle loro famiglie che, sicuramente in buona fede, pensando di far bene, decidono di continuare a praticare le istituzioni che sono stati educati a rispettare, fino all’estreme conseguenze.