Leone incontra la stampa e vola più alto dei media vaticani
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Nel primo incontro del Papa con i giornalisti torna la sfida dell'IA. E le parole su «un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia» fanno riflettere involontariamente sulla comunicazione della Santa Sede, che non ha certo brillato durante il conclave.
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Standing ovation per Leone XIV dai 5000 rappresentanti dei media ricevuti ieri in udienza. Il nuovo Papa ha fatto il suo esordio in Aula Paolo VI prendendosi gli applausi e le acclamazioni di giornalisti e cameraman che hanno seguito la morte di Francesco e il conclave. Prevost tiene molto alla sfida rappresentata dall’intelligenza artificiale e ieri è tornato a parlarne avvertendo i media del suo «potenziale immenso, ma (che) richiede responsabilità e discernimento per produrre il bene per l’umanità».
L’applauso più forte lo ha incassato quando ha espresso «la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato di raccontare la verità». Ne ha invocato la liberazione ed ha elogiato anche i reporter di guerra dicendo che «solo i popoli informati possono fare scelte libere». Prevost ha detto che «una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi». Poi l'appello: «disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra».
In un passaggio del suo discorso, il Papa ha anche detto che «non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia». Parole che involontariamente fanno riflettere sulla gestione fallimentare di queste settimane della comunicazione vaticana. Tutto il mondo, infatti, ancora ride perché mentre chiunque parlava del nuovo Pontefice eletto, l'account ufficiale @Pontifex ha mantenuto la «sede vacante» per giorni.
Il Dicastero per la Comunicazione, uno dei più costosi della Santa Sede, si è dimostrato non all'altezza (anche) nel momento più importante. Un periodo nero per il direttore editoriale Andrea Tornielli che è già reduce dalla brutta figura fatta sulla sentenza del processo presso l’Alta Corte d’Inghilterra e Galles per il contenzioso tra la Segreteria di Stato e il broker Raffaele Mincione. A fine febbraio Vatican News aveva dato la notizia trionfalmente facendola passare come un successo della Santa Sede, mentre la verità è che la giustizia inglese ha imposto alla Segreteria di Stato di versare 3,5 milioni di sterline a Mincione per le spese processuali. Ma Tornielli è in buona compagnia.
La Sala Stampa non ha brillato in efficienza durante conclave e pre-conclave. Il direttore Matteo Bruni, come si dice in gergo, non è sembrato stare molto sul pezzo: emblematico l'episodio di giovedì mattina al briefing, quando aveva annunciato ai giornalisti la fumata abbondantemente dopo mezzogiorno. Peccato che sia arrivata poco dopo alle 11:50. Lamentele sono arrivate anche per l'annuncio di chiusura della Sala Stampa alle 22 nel giorno dell'elezione di Leone XIV, quando l'«habemus Papam» era stato pronunciato appena alle 19:13.
Nonostante tutto ciò, ieri i pezzi da novanta della comunicazione vaticana nel pontificato bergogliano erano in prima fila ad autocelebrarsi. Poco conta se la maggior parte di loro aveva dato per scontato (ed aveva sperato) che dalla loggia centrale si fosse affacciato il volto più familiare di Pietro Parolin. Mentre le migliaia di giornalisti provenienti da tutto il mondo sgomitavano per una fugace stretta di mando al nuovo Papa dietro alle transenne, le prime file sono state accuratamente riservate a dirigenti televisivi, direttori di giornali un tempo anticlericali e ad alcuni vaticanisti (per lo più italiani).
Sarebbe interessante sapere con quali criteri sono stati scelti i giornalisti con accredito ordinario da far accomodare nelle prime postazioni, mentre ad esempio giornaliste mamme (sempre con accredito ordinario) accompagnate da bambini anche molto piccoli sono state lasciate nelle retrovie. Il risultato però è che i vaticanisti più fortunati hanno avuto la loro photo-opportunity e si sono presi i loro 15 secondi di celebrità con il Papa: chi regalando oggetti, chi mostrando libri o giornali, chi firmando palle da baseball e così via. Anche in questo caso Leone XIV ha stupito positivamente, declinando richieste di selfie (anche perchè c'è il fotografo ufficiale e chi segue il Vaticano tutti i giorni dovrebbe saperlo) e "sganciandosi" dalle strette di mano dei più loquaci.
Le prime file di ieri in Aula Nervi erano un po' il trionfo dell'epoca bergogliana all'insegna di un certo amichettismo e nascondevano dietro ai sorrisoni l'ansia di doversi "riciclare" per non perdere i "posti buoni" conquistati negli ultimi dodici anni. A costoro, però, toccherà sudare non poco perché Leone XIV pare badare al sodo anche nei gesti delle sue uscite pubbliche e difficilmente giudicherà il lavoro dei suoi dal livello di lusinghe.
Il Papa nordamericano sta prendendo le misure e – a quanto ci risulta – ha iniziato ieri a mettere la testa sul dossier finanze. Quando vedrà la voce di spesa relativa alla comunicazione e la confronterà coi numeri delle visualizzazioni, difficilmente si accontenterà delle photo-opportunity.
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