Leone al Corpo Diplomatico: la pace è il primo dono di Cristo
In Sala Clementina il nuovo Pontefice riceve il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. E sottolinea che «la verità non ci allontana, anzi ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo»

Pace, verità e giustizia sono i cardini del discorso di Leone XIV al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. L'udienza di oggi in Sala Clementina, per la prima volta con il Pontefice eletto otto giorni fa, è stata introdotta dal saluto del decano del Corpo diplomatico, George Poulides, ambasciatore della Repubblica di Cipro, l'ultimo ambasciatore ad aver presentato le credenziali a San Giovanni Paolo II. Papa Leone evoca la «famiglia dei popoli» di cui la comunità diplomatica è rappresentanza ed «espressione della cattolicità stessa della Chiesa», «segno concreto dell'attenzione» dei rispettivi Paesi per la Sede Apostolica. Una aspirazione all'universalità che il Papa vede riflessa nella propria «esperienza di vita, sviluppatasi tra Nord America, Sud America ed Europa».
Al corpo diplomatico il Papa indica «tre parole-chiave, che costituiscono i pilastri dell’azione missionaria della Chiesa e del lavoro della diplomazia della Santa Sede», la prima delle quali è pace, da intendersi non «come mera assenza di guerra e di conflitto». Realisticamente osserva che «la contrapposizione è parte della natura umana e ci accompagna sempre (...): in casa, al lavoro, nella società». La pace pertanto non può essere la semplice tregua in questo perenne «stato di conflitto», ma «è anzitutto un dono: il primo dono di Cristo». E tuttavia è «un dono attivo», che richiede l'impegno e il coinvolgimento di ciascuno».
La pace implica la giustizia: ecco il secondo termine indicato dal Pontefice, che al riguardo torna a evocare la figura di Leone XIII in riferimento alla scelta del proprio nome pontificale e invita ad «adoperarsi per costruire società civili armoniche e pacificate». Lo si può fare «anzitutto investendo sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna» e favorendo «contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato», la cui «dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio».
Infine la verità, imprescindibile per «costruire relazioni veramente pacifiche, anche in seno alla Comunità internazionale», mentre «laddove le parole assumono connotati ambigui e ambivalenti e il mondo virtuale, con la sua mutata percezione del reale, prende il sopravvento senza controllo, è arduo costruire rapporti autentici. Pertanto «la Chiesa non può mai esimersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo quando necessario anche ad un linguaggio schietto, che può suscitare qualche iniziale incomprensione». Al tempo stesso la verità «non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna. D’altronde, nella prospettiva cristiana, la verità non è l’affermazione di principi astratti e disincarnati, ma l’incontro con la persona stessa di Cristo». È in quest'ottica che Leone XIV inquadra anche «le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata Terra», consapevole che «la verità non ci allontana, anzi ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo».