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DISCORSO AL PAM

«La fame si può vincere. Ma gli aiuti sono ostacolati, le armi invece no»

Un appello affinché il mondo non resti indifferente alle sofferenze dei poveri. E un richiamo: «Non possiamo naturalizzare la fame… non è frutto di un destino cieco». Così papa Francesco in visita al palazzo del Programma alimentare mondiale, l'agenzia dell'Onu. E scuote l’assemblea denunciando che mentre gli aiuti sono ostacolati da decisioni politiche e burocratiche, «le armi circolano con quasi assoluta libertà nel mondo».

Ecclesia 13_06_2016
Papa Francesco all'assemblea del  Programma alimentare mondiale

Di fronte all'Assemblea del Programma Alimentare Mondiale papa Francesco ha ricordato innanzitutto che la soluzione del problema della “fame” deve partire dalle persone. Sono volti concreti quelli che bisogna avere a mente quando si costruiscono e si attivano programmi che vogliano risolvere il problema della fame nel mondo.

«Le burocrazie si occupano di pratiche; la compassione, invece, si mette in gioco per le persone.», ha detto papa Francesco. «E credo che in questo abbiamo molto lavoro da compiere». Perché la persona racchiude «un’immensa ricchezza di energie e potenzialità che dobbiamo aiutare ad esprimersi concretamente». L'autentica soluzione del problema della fame, quindi, deve partire da un autentico sviluppo umano. «La Chiesa Cattolica, fedele alla sua missione, desidera lavorare di concerto con tutte le iniziative che lottano per la salvaguardia della dignità delle persone, specialmente di quelle che sono ferite nei loro diritti.» Nel suo discorso all'assemblea il Papa ha indicato due piste di riflessione: la «de-naturalizzazione della fame», nel senso di non assuefarsi alla miseria altrui come fosse un fatto qualsiasi, e la «de-burocratizzazione», nel senso di evitare quegli “imbottigliamenti” che ostacolano l'azione di contrasto alla povertà e alla fame.

 Così papa Francesco ha spiegato cosa significa la de-naturalizzazione della fame. «...Esiste cibo sufficiente per tutti, «ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi». «Sia chiaro: la mancanza di alimenti non è qualcosa di naturale, non è un dato né ovvio né evidente. Che oggi, in pieno secolo ventunesimo, molte persone patiscano questo flagello, è dovuto a una egoista e cattiva distribuzione delle risorse, a una “mercantilizzazione” degli alimenti. La terra, maltrattata e sfruttata, in molte parti del mondo continua a darci i suoi frutti, continua ad offrirci il meglio di sé stessa; i volti affamati ci ricordano che abbiamo stravolto i suoi fini. Un dono, che ha finalità universale, lo abbiamo reso un privilegio di pochi.» 

Francesco ha poi chiarito in cosa consiste la “burocratizzazione” della fame. «...L’instabilità mondiale che viviamo è ben conosciuta da tutti. Negli ultimi tempi sono le guerre e le minacce di conflitti ciò che predomina nei nostri interessi e dibattiti. E così, di fronte alla diversa gamma di conflitti esistenti, sembra che le armi abbiano acquistato una preponderanza inusitata, in modo tale da accantonare totalmente altre maniere di risolvere le questioni oggetto di contrasto. Questa preferenza è ormai così radicata e accettata che impedisce la distribuzione degli alimenti nelle zone di guerra, arrivando anche alla violazione dei principi e delle direttive più basilari del diritto internazionale, la cui vigenza risale a molti secoli fa. Ci troviamo così davanti a uno strano e paradossale fenomeno: mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche, da forvianti visioni ideologiche o da insormontabili barriere doganali, le armi no (…) E in questo modo, a nutrirsi sono le guerre e non le persone.».

«Le popolazioni più deboli», ha continuato il Papa, «non solo soffrono per i conflitti bellici ma, nello stesso tempo, vedono ostacolato ogni tipo di aiuto. Perciò urge de-burocratizzare tutto quanto impedisce che i piani di aiuti umanitari realizzino i loro obiettivi. (…) A tale meta devono essere ugualmente orientate le iniziative della comunità internazionale. Non si tratta di armonizzare interessi che rimangono ancorati a visioni nazionali centripete o a egoismi inconfessabili. Si tratta piuttosto che gli Stati membri incrementino in modo decisivo la loro reale volontà di cooperare per questi fini».

«Un popolo», ha concluso il Papa, «gioca il proprio futuro nella capacità di farsi carico della fame e della sete dei suoi fratelli. In questa capacità di soccorrere l’affamato e l’assetato possiamo misurare il polso della nostra umanità».