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POLITICA

Italia, allarme rosso

La speculazione e la debolezza politica rendono pericoloso il quadro.
Necessario uno scatto di orgoglio
di maggioranza e opposizione.

Attualità 11_07_2011
Silvio Berlusconi

 

Non poteva cadere in un momento peggiore la senteza di secondo grado dei giudici di Milano che ha condannato sabato 9 luglio la Fininvest di Silvio Berlusconi a pagare un risarcimento di 560 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti. La settimana finanziaria infatti si era appena conclusa con un tonfo clamoroso della Borsa valori e soprattutto con un attacco diretto e palese ai titoli di Stato italiani tanto da far temere un allargamento all'Italia di quello che viene ormai definito come il "rischio Grecia".

In effetti su molti fronti, dall'economia alla politica, negli ultimi giorni l'Italia ha dato prova di una disarmante debolezza.

Partiamo dall'economia. I dati statistici stanno dimostrando come al contrario degli altri gradi paesi europei, dove la ripresa è anche vigorosa, l'Italia continui ad essere sostanzialmente ferma: la produzione industriale in maggio e giugno non  ha fatto passi in avanti con un livello che è ancora di oltre il 15% inferiore a quello raggiunto prima della crisi del 2009. Ma non basta: la  ripresa non c'è, ma i prezzi continuano a salire con un'inflazione che si avvicina pericolosamente a quota 3%.

E ora guardiamo alla politica. È stata approvata dal Governo una manovra economica estrememente valida negli obiettivi (la conferma del pareggio di bilancio nel 2014), ma profondamente discutibile nella tempistica e nei contenuti. I tempi sono stati decisi in modo che il vero impatto dei tagli di spesa (pochi) e degli aumenti di entrate cadano dopo il  2013, anno in cui si dovranno tenere le elezioni per il rinnovo del Parlamento. E per quanto riguarda i contenuti vi sono misure palesemente inique, come il blocco della rivalutazione delle pensioni medio-alte, e altre addirittura controproducenti, come l'innalzamento della tassa di bollo sui dossier bancari che rischia di essere addirittura un freno all'acquisto di titoli pubblici.

Senza dimenticare che nei giorni cruciali di elaborazione della manovra tutta l'attenzione politica è stata concentrata sul tentativo di Berlusconi di introdurre un articolo che prevedeva la sospensione dei pagamenti di somme rilevanti decisi dalla magistratura. Un esempio fin troppo evidente della più classica norma ad personam.

E ancora guardando alla politica come non sottolineare le polemiche all'interno della maggioranza, con gli ultimatum della Lega e le critiche al ministro Tremonti, a cui si sono aggiunte le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto autorevoli membri del governo.

È in questo quadro di profonda debolezza che si sono verificati gli attacchi della speculazione finanziaria e in cui è caduta la sentenza Fininvest, una sentenza che non solo costituisce un pesantissimo aggravio finanziario per la società, ma che certifica in sede civile quello a cui in sede penale non si era arrivati per sopragggiunta prescrizione: cioè il fatto che la Fininvest di Berlusconi aveva ottenuto l'acquisizione della Mondadori attraverso la corruzione di un magistrato.

In un Paese normale non sarebbe immaginabile un presidente del Consiglio che rimane al suo posto dopo una condanna di questo tipo. Ma l'Italia non è, da tempo, un Paese normale.

Ma allora non bisogna dimenticarsi che metà dei titoli del debito pubblico italiano (più di 800 miliardi di euro) è posseduta da operatori, fondi d'investimento, banche, società finanziarie e perfino Governi esteri, Cina compresa. Tutte istituzioni che hanno acquistato titoli italiani non certo per farci un piacere, ma per la fiducia sulla capacità fin qui dimostrata dall'Italia di ripagare i propri debiti.

È comprensibile che questa fiducia possa vaccillare se l'economia rimane desolatamente stagnante e se la politica continua ad essere una incompresibile anomalia vista dall'estero.

C'è ormai l'esigenza di una vera e concreta svolta politica. Nei comportamenti oltre che nelle misure da adottare. C'è bisogno, cioè, che sulla manovra economica si mandi alle ortiche la retorica del bipolarismo e si raggiunga una vera unità di intenti per affrontare i nodi del risanamento dei conti e della crescita dell'economia. La maggioranza dovrebbe aprirsi ad un dialogo forte e costruttivo con l'opposizione e quest'ultima dovrebbe accettare di essere corresponsabile degli interventi da adottare.

Ci vuole uno scatto di orgoglio da entrambi le parti per combattere quel nemico che ci siamo creati noi stessi: con l'incapacità di fare le riforme, con una politica chiusa nella difesa dei propri interessi (anche personali), con uno statalismo che per sopravvivere deve alzare sempre di più la pressione fiscale.

La svolta è ancora possibile e l'Italia ha tutte le potenzialità per risollevarsi dalla crisi. Ma la politica dovrebbe finalmente dimostrare di essere in grado di riformare innanzitutto se stessa. Per ritornare ad una democrazia reale, con proposte chiare e con una disponibilità alla partecipazione e al confronto.