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BITONCI

«Io sindaco obietto: non celebrerò mai le unioni gay»

La Nuova Bq  ha parlato con il sindaco di Padova, Massimo Bitonci (Lega), che già pochi minuti dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili da parte della Camera diffuse una nota che non lasciava dubbi: «Non celebrerò mai matrimoni fra persone dello stesso sesso».

Politica 22_05_2016
Il sindaco di Padova Massimo Bitonci

Dpo che la legge sulle unioni civili è stata firmata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e in attesa che sia pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, si moltiplicano i sindaci che dichiarano loro obiezione di coscienza alla costituzione di unioni tra persone dello stesso sesso. Centinaia di primi cittadini e consiglieri comunali trovano infatti incettabile per motivi personali o religiosi che siano obbligati a concorrere alla formazione di un’unione omosessuale sostanzialmente equiparata al matrimonio. 

Un convincimento rafforzato anche dalle parole del Papa che nella recente intervista al giornale francese La Croix ha dichiarato che i funzionari hanno diritto di sollevare obiezione di coscienza alle unioni civili: «Lo Stato deve anche saper accettare le critiche». La clausola sull’obiezione è stata volutamente esclusa dal Partito democratico che ha preferito blindare il testo del ddl nel corso di tutti i suoi passaggi parlamentari. Questo non ha però intimorito molti amministratori locali che si sono detti pronti anche ad andare incontro a denunce penali, come dichiarò il sindaco di Castiglione Fiorentino, Mario Agnelli, proprio dalle pagine del La Nuova Bq. 

Questa pattuglia di dissidenti cresce di giorno in giorno. Fra questi non ci sono solo i duecento primi cittadini leghisti esortati ad obiettare dal loro segretario, Matteo Salvini. Tanti anche i sindaci Forza Italia e di Liste Civiche autonome. A dimostrazione di un malessere diffuso e sottovalutato dal legislatore nazionale. La Nuova Bq ne ha parlato con il sindaco di Padova, Massimo Bitonci (Lega), che già pochi minuti dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili da parte della Camera diffuse una nota che non lasciava dubbi: «Non celebrerò mai matrimoni fra persone dello stesso sesso. Ho il dovere di servire i cittadini e di promuovere la crescita della comunità padovana, ma non mi sento obbligato ad assecondare le scelte di Renzi che, differentemente da me, non è stato eletto». 

Sindaco Bitonci è cambiato qualcosa rispetto alle sue dichiarazioni dell’11 maggio? 

«No assolutamente, si può dire che sono stato il primo a porre il tema dell’obiezione di coscienza; ne parlai appena ho visto che si metteva la fiducia su un provvedimento di carattere etico, sul quale ogni parlamentare avrebbe dovuto votare secondo coscienza. È stato un atto di arroganza anche nei confronti di molti parlamentari della stessa maggioranza che so per certo che avrebbero votato in modo diverso». 

Lei si rifiuterà di partecipare alla costituzione di un unione civile, quindi delegherà ad un ufficiale comunale? 

«Mi ha fatto molto piacere l’intervento del Papa dell’atro giorno che ha parlato del diritto all’obiezione anche per i funzionari. Diciamo che c’è stato un grosso errore di valutazione da parte del governo nella gestione di un tema di questo tipo. La Lega è favorevole regolamentazione diritti delle coppie gay attraverso contratti privatistici, non attraverso l’equiparazione al matrimonio. Quindi l’obiezione è un atto dovuto vista l’equiparazione de facto che porta verso disgregazione del concetto costituzionale di famiglia. Io continuo a leggere la nostra Carta e in nessun passaggio si fa mai riferimento a matrimoni tra persone dello stesso sesso». 

I giuristi dicono che la Costituzione va interpretata in modo evolutivo…

«Si, fatto sta che la interpretano sempre in maniera pro-gay. I padri costituenti hanno riconosciuto la famiglia naturale fondata sul matrimonio che è un fatto sociale, pre-politico. Negli atti ufficiali si parla famiglia composta da madre, padre e figli. Non di genitore 1 e genitore 2». 

A proposto, per i Comuni questo comporterà anche un cambio della modulistica?

«Vedremo, intanto speriamo che la Corte Costituzionale stralci quella parte della legge che equipara le unioni civili al matrimonio. Se questo non avverrà prima o dopo arriveranno tutta una serie di regolamenti e circolari ministeriali che ci diranno come vanno attuate tutte le nuove norme sulle unioni civili. Per il momento non abbiamo  ricevuto alcuna comunicazione. Per quanto riguarda le scuole invece dipenderà dalle direttive ministeriali. Il comune è solo proprietario degli edifici che vanno dalle scuole dell’infanzia alle medie, ma tutta l’attività educativa e amministrativa è in mano al ministero e alle direzioni didattiche». 

Ad ogni modo ci sarà un aggravio per il personale amministrativo? 

«Sicuramente ci sarà un aggravio di lavoro, ma in realtà aspettiamo di vedere quanti saranno questi “matrimoni”. A Padova, la precedente amministrazione istituì un registro per le coppie di fatto. Dal 2007 solo nove coppie che si sono iscritte. Questo registro fu sbandierato da Zan (attuale deputato dem e attivista lgbt, ndr.) quando era assessore della giunta Zanonato, ma è stato un insuccesso totale. Io comunque mi aspetto un boom motivazionale e politico iniziale. Dopo di che ci sarà un calo fisiologico perché è noto che sono poche le coppie gay che vogliono effettivamente regolarizzare la loro posizione».

Se si tratterà di iscrivere all’anagrafe bambini ottenuti con l’utero in affitto e arrivati dall’estero come vi comporterete?

«Questo sarà un grosso problema viste le ultime sentenze dei tribunali. Purtroppo i giudici dovrebbero interpretare le norme in maniera più stretta e non emettere sentenze creative. Logicamente sono tutti atti conseguenti a provvedimenti dei giudici, possiamo farci poco.  Anche in caso di rifiuto il ricorso della coppia passa attraverso un provvedimento di carattere giudiziale».

Potrete difendere la famiglia naturale almeno sul piano delle politiche sociali? Mi riferisco alla graduatorie della case popolari e altri strumenti di politiche sociali…

«Il nostro regolamento tutela le famiglie e in particolare quelle residenti nel comune da più anni. Certo c’è il tema dei conviventi che è molto delicato e che può essere superato, per esempio, ponendo come condizione per l’accesso alle graduatorie la regolarizzazione della coppia attraverso il matrimonio entro due anni dalla presentazione della domanda. L’introduzione delle unioni civili sicuramente creerà ulteriore confusione nei regolamenti comunali e con questa sostanziale equiparazione bisognerà vedere come applicare le norme. Siamo all’anno zero da questo punto di vista. Ripeto ci sarà molta confusione per quanto riguarda i regolamenti per le case popolari, gli asili nido, le politiche di assistenza…bisognerà metterci la testa per riuscire a favorire la famiglia naturale. In alcuni ambiti possiamo anche valutare caso per caso, ad esempio le ultime assegnazioni di alloggi sono state date a ragazze madri». 

È mai stato accusato di omofobia? 

«Alcuni ambienti mi danno dell’omofobo per qualsiasi cosa dico, in particolare da dopo che ho proibito la presentazione di un libro gender nelle sale comunali. Tuttavia voglio dire che molti gay che conosco la pensano come me e sanno che è in atto il tentativo di una minoranza di imporre un falso modello di famiglia. D’altra parte anche Dolce e Gabbana hanno detto che una famiglia e composta da una mamma e un papà». 

L’opposizione vi contesta su queste tematiche? 

«Nel Pd padovano esistono più anime. L’anima più vicina alla sinistra difende le iniziative sulla teoria gender, l’anima cattolica invece esce dall’aula ogni volta che c’è una mozione in difesa della famiglia naturale. Si tratta di consiglieri provenienti dall’associazionismo cattolico che non possono votare con la maggioranza ma che allo stesso tempo provano imbarazzo nel sostenere le posizioni dei loro colleghi della sinistra più laica e radicale. E una spaccatura pesante». 

La sua posizione pro-family è condivisa dal resto della coalizione di centro-destra o nasce solo in ambito leghista su spinta di Salvini?

«Ci siamo coordinati tra un po’ di sindaci leghisti, ma a Padova e un tema condiviso da tutta la maggioranza. In questi giorni sto ricevendo molte telefonate e messaggi di altri sindaci della provincia di Padova e di tutto il Veneto che mi dicono chiaro e tondo “io i matrimoni gay non li faccio!”. Non sono solo leghisti, ma anche esponenti di Forza Italia e tanti sindaci ‘civici’ – soprattutto dei piccoli comuni - sostenuti da liste autonome e movimenti, in alcuni casi considerati perfino vicini alla sinistra».