Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
I DATI ISTAT

Inflazione all’1.9%, il lockdown presenta il conto

A luglio l’indice dei prezzi al consumo ha registrato un aumento dell’1,9% su base annua, dovuto prevalentemente ai beni energetici, con il caro-benzina che ha fatto impennare le tariffe di luce e gas. Alcuni economisti esultano, ma nel contesto dell’Italia - stremato da lockdown, salari fermi e disoccupazione - c’è poco da gioire.

Economia 13_08_2021

Ora la gente è in vacanza e non si rende ancora conto. Ma a settembre saranno in tanti a versare lacrime amare. C’è chi minimizza, sostenendo che l’impennata dell’inflazione, documentata dagli ultimi dati dell’Istat, sia dovuta solo ai prezzi dei beni energetici e in particolare al rincaro, su scala globale, del prezzo dei carburanti. Queste informazioni sono certamente vere ma non esaustive. La benzina costa molto di più e di questo si sono accorti i milioni di vacanzieri che sono andati in vacanza in auto, ma anche quelli che hanno preso gli aerei o i traghetti, perché l’aumento dei carburanti si è scaricato anche sulle tariffe dei voli e degli spostamenti via mare. Ma il problema è più generale.

I prolungati lockdown hanno ucciso tante attività economiche e hanno messo in ginocchio anche quelle che sono riuscite a sopravvivere e che ora si vedono costrette a scaricare sui consumatori il peso delle perdite subite. Pur di non fallire, cioè, alzano i prezzi di beni e servizi. Chi ha soldi da spendere non se ne accorge più di tanto, ma le famiglie che devono mettere insieme il pranzo con la cena, e che magari hanno perso il lavoro o stanno per perderlo, da settembre faranno ancora più fatica. Per loro l’autunno sarà davvero “caldo”. L’esempio delle discoteche è il più attuale e indicativo. Si balla ovunque quest’estate, in modo spontaneo e non controllato, sia nelle strade che nelle piazze, sia davanti ai bar che nelle case private. Eppure i locali da ballo all’aperto sono ancora chiusi e decine di migliaia di essi non riapriranno più perché sono falliti. Il personale che vi lavorava ora è disoccupato. E in più deve pagare a prezzi maggiorati i beni di prima necessità come l’energia elettrica o il gas, ma anche la benzina per circolare in auto e andare in spiaggia.

L’Istat dice, infatti, che era dal 1996 che non si registrava una crescita così elevata dei prezzi dei beni energetici. Nel mese di luglio l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al netto dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,5% su base mensile e dell’1,9% su base annua (dal +1,3% del mese precedente). L’accelerazione tendenziale dell’inflazione, spiega l’Istituto nazionale di statistica, si deve prevalentemente a quella dei prezzi dei beni energetici, che aumentano del 18,6% dal +14,1% di giugno (+4,1% la variazione congiunturale) per effetto dei beni energetici regolamentati (+34,2%, dal +16,9% del mese precedente; +11,3% su base mensile), spinti dalla crescita dei prezzi dell’energia elettrica nel mercato tutelato (da +24,5% a +29,3%; +6,5% rispetto a giugno) e di quelli del gas di città e gas naturale (da +12,9% a +36,8%; +13,9% il congiunturale).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici accelerano rispettivamente a +0,6% e a +0,4% (entrambe dal +0,3% di giugno). L’inflazione acquisita per il 2021 è pari a +1,6% per l’indice generale e a +0,8% per la componente di fondo. Ma ad allarmare non sono queste percentuali, anche difficili da spiegare, bensì le cifre sull’impatto immediato della febbre inflattiva sui consumatori. «A trainare l’escalation dei prezzi è il caro-benzina, che ha portato a luglio all’abnorme aumento delle tariffe di luce e gas e a rincari generalizzati per il comparto dei trasporti, al punto che solo per gli spostamenti una famiglia con due figli è costretta a spendere oggi +281 euro all’anno - ha spiegato il presidente del Codacons Carlo Rienzi -. Una vera e propria stangata sulle vacanze degli italiani che, quest’anno, si ritroveranno a pagare sensibilmente di più per viaggiare in auto, spostarsi in aereo o traghetto e soggiornare presso le strutture turistiche».

In ragione dell’impennata del prezzo dei carburanti, si stima un rincaro pari a 312 euro annui a famiglia per la benzina, 271 euro per il gasolio. Ma ogni scusa è buona per alimentare speculazioni. E così c’è chi approfitta e prende la palla al balzo per aumentare i prezzi di prodotti che invece non dovrebbero in alcun modo risentire di questi rincari. Ad esempio, gli affitti degli alloggi nelle località di villeggiatura sono aumentati del 4,1%.

Ma se la vita costa di più i salari sono rimasti fermi. Anzi, tra tagli di straordinari e di incentivi, aziende multinazionali che delocalizzano e lasciano a casa i loro dipendenti comunicandoglielo via mail o Whatsapp e aziende italiane che non vedono l’ora di potersi ristrutturare e dunque di poter licenziare, la situazione è davvero esplosiva. Oltre a carburanti, beni energetici e servizi di trasporto l’inflazione tocca anche altri settori come i servizi di ristorazione e quelli sanitari e per la casa.

Alcuni economisti, facendo riferimento alle deliberazioni della Banca centrale europea, esultano per l’inflazione elevata, che sarebbe sintomo di un’economia in salute, trascinata dai consumi e alimentata dalla crescita dei salari in un mercato del lavoro solido. In Italia, invece, si tratta di un effetto ottico. L’inflazione c’è e galoppa ma in un contesto depresso e di grande incertezza sulla tenuta dei livelli occupazionali. E le politiche monetarie espansive europee, che finora hanno assicurato benessere, potrebbero rallentare.

In un’economia fortemente integrata su scala globale non ha molto senso, è vero, ragionare solo in un’ottica nazionale. Tuttavia, non si può non far notare come la situazione italiana fosse già gravemente compromessa prima della pandemia, a seguito dell’elevato debito pubblico, della disoccupazione in crescita, delle nuove dilaganti povertà. Ecco perché, a prescindere dalla durata della pandemia, far pagare di più beni e servizi a una popolazione già stremata da lockdown, restrizioni e riduzioni di guadagni non è un buon viatico per la ripresa. Ma, per far quadrare i conti, molte imprese non hanno alternative.