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L'ANALISI

Immigrazionismo? Figlio della crisi di fede. Parola di Sarah

Stanno facendo scalpore alcuni giudizi del cardinale Robert Sarah a proposito di immigrazioni, ma nessuno ha rilevato che nelle interviste rilasciate dal cardinale africano il giudizio sulle migrazioni è solo un dettaglio di un problema ben più grave che attanaglia la Chiesa e che si chiama apostasia.

Editoriali 10_04_2019
Il cardinale Robert Sarah

In questi giorni sono state riprese da diverse testate italiane alcune dichiarazioni del cardinale Robert Sarah contro l’ideologia dell’immigrazionismo che sembra dominare anche la Chiesa cattolica. Il cardinale Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino, ha dato alcune interviste in Francia dove si trovava nei giorni scorsi per presentare il suo nuovo libro, Le soir approche et déjà le jour baisse (“Si fa sera e il giorno già volge al declino”, chiaro riferimento all’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus).

Quella del cardinale Sarah, che dice chiaramente di parlare «da africano» che viene da «un paese prevalentemente musulmano», e quindi sa bene di cosa sta parlando, è una critica radicale alla corrente oggi prevalente nella Chiesa che vagheggia di un mondo senza confini in cui ognuno avrebbe il diritto di essere accolto ovunque decida di insediarsi. E soprattutto tutte le popolazioni dei paesi in via di sviluppo avrebbero il diritto di insediarsi in Europa e negli Stati Uniti. È questa una utopia che è logica conseguenza del terzomondismo (per cui i poveri sono poveri per colpa dei ricchi, occidentali ovviamente) ma che viene spacciata per Vangelo. Dice il cardinale Sarah nell’intervista a Valeurs Actuelles: «Questo attuale desiderio di globalizzare il mondo sopprimendo le nazioni, le specificità, è pura follia. Il popolo ebraico dovette andare in esilio, ma Dio lo riportò nel suo paese. Cristo dovette fuggire da Erode in Egitto, ma tornò nel suo paese alla morte di Erode. Tutti devono vivere nel loro paese. Come un albero, ognuno ha il suo suolo, il suo ambiente in cui fiorisce perfettamente. È meglio aiutare le persone a prosperare nella loro cultura piuttosto che incoraggiarle a venire in Europa in uno stato di degrado. È una falsa esegesi usare la Parola di Dio per valorizzare la migrazione».

E ancora: «Tutti i migranti che arrivano in Europa sono senza un soldo, senza lavoro, senza dignità... Questo è ciò che vuole la Chiesa? La Chiesa non può cooperare con questa nuova forma di schiavitù diventata migrazioni di massa. Se l'Occidente continua in questo modo fatale, c'è un grande rischio che, a causa della mancanza di nascite, sparisca, invaso dagli stranieri, proprio come Roma è stata invasa dai barbari».

Parole che non hanno neanche bisogno di un commento, tanto sono chiare. Ma è interessante notare che, mentre tutti si sono concentrati sui commenti del cardinale Sarah in fatto di immigrazione, nessuno ha rilevato che nel discorso complessivo del cardinale africano questo era solo un dettaglio, la conseguenza di un discorso ben più ampio, anzi ben più profondo. Sarah guarda a un’Europa in profonda crisi, arrivata all’apice dell’odio per se stessa; una crisi di civiltà che contagia tutto il mondo e che è anzitutto una crisi di fede, è la conseguenza dell’aver allontanato Dio dal proprio orizzonte. Il cardinal Sarah parla di «un ateismo virulento che permea ogni cosa, anche i nostri discorsi ecclesiastici». Questo ateismo «consiste nel permettere che pensieri e stili di vita radicalmente pagani e mondani coesistano con la fede».

Il problema vero nella Chiesa non è dunque un giudizio diverso sull’approccio verso le migrazioni, o meglio: questa è solo la conseguenza, o il segno di un male che sta all’origine e si chiama «crisi di fede». Sarah lo spiega chiaramente in un’altra intervista a Le Nef: «Alcuni vogliono che la Chiesa sia una società umana e orizzontale; vogliono che parli il linguaggio dei media. (…) Non vogliono che parli di Dio, ma che si getti anima e corpo nei problemi sociali: migrazioni, ecologia, dialogo, la cultura dell’incontro, la lotta alla povertà, per la giustizia e la pace. Ovviamente queste sono questioni importanti di fronte alle quali la Chiesa non può chiudere gli occhi. Ma una Chiesa come questa non interessa a nessuno. La Chiesa genera interesse solo perché ci permette di incontrare Gesù. L’unica sua legittimità sta nel passare a noi la Rivelazione».

Se questo è vero, la strada per uscire dalla crisi è la nostra conversione personale, ma a Gesù, non ai Sinodi o all’ecologia; è il desiderio di santità, che deve guidare costantemente la nostra vita e che non è riducibile all’assolutizzazione di una qualsiasi istanza sociale.

Il dogma dell’immigrazionismo dunque – ci dice il cardinale Sarah - è uno dei frutti della crisi di fede, della mancanza di fede, dell’ateismo che si è insinuato e ben radicato anche nella Chiesa. Se perciò è necessario continuare a contrastarlo con argomenti ben fondati e relativi alla materia in discussione, deve essere chiaro che la vera soluzione sta a un livello ben più alto.