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INDAGINI PRENATALI NEI LEA

Il programma del Ministero per un'Italia senza Down

Anche in Italia, silenziosamente, sta passando un programma volto a eliminare i feti portatori di sindrome di Down. Come? Con le raccomandazioni del Ministero a informare la mamma sulle indagini prenatali che dal governo Gentiloni sono entrate a pieno titolo nei LEA, quindi gratuite. Ci si è mai chiesti cosa possa pensare una persona affetta da sindrome di Down, davanti a queste raccomandazioni sapendo bene che stanno cercando quelli come lui per essere abortiti? Non avranno forse la sensazione di trovarsi di fronte ad una specie di “Manifesto della Razza”?
- LA SCUOLA DOVE I DOWN RICEVONO L'EDUCAZIONE DEL CUORE di Ermes Dovico

Vita e bioetica 28_12_2018
Premiazione di atleti con sindrome di Down

Già da tempo, si è appreso che l’Islanda è al primo posto per il raggiungimento dell’obiettivo Down-free. Per caso questo Paese è all’avanguardia nella ricerca e cura della sindrome di Down? No. Semplicemente la diagnosi prenatale a tappeto, ha permesso di individuare la quasi totalità dei casi, ai quali è seguita l’interruzione della gravidanza. La tendenza è diffusa ovunque e gli altri Paesi seguono a ruota, Italia compresa naturalmente. 

Si può vedere facilmente il video dell’audizione di una giovane ragazza di nome Charlotte,  alle Nazioni Unite di Ginevra. Ovviamente, in Italia la notizia non ha trovato molto spazio nell’informazione cosiddetta mainstream, essendo il video classificabile come “terrorismo psicologico”, come ogni qualvolta si tenti di ragionare su argomenti scomodi. Cito: “Mi chiamo Charlotte Helene Fien, ho 21 anni e ho la sindrome di Down. Negli anni ’30 e ’40, i nazisti decisero di liberarsi di tutti i disabili. Più di 200.000 disabili vennero uccisi, insieme a molti bambini con la sindrome di Down. Oggi, sta accadendo la stessa cosa”. A questo punto, Charlotte si riferisce a quei test prenatali che individuano la Trisomia 21, che, dice, vengono usati “per uccidere tutti i bambini con la sindrome di Down”. Qui, molti avrebbero da obiettare sulla parola bambini, specificando che stiamo parlando di feti. Continua: “Io ho la sindrome di Down, ma non soffro in nessun modo, non sono malata e lo stesso vale per tutti i miei amici con la sindrome di Down. Noi siamo esseri umani come voi. Esseri umani! Non siamo mostri. Per favore, non uccideteci, non consentite questo test! Se lo consentirete, non sarete migliori dei nazisti che hanno ucciso 200.000 disabili. Io ho diritto di vivere e allo stesso modo tutte le persone come me”. Seguono applausi e standing ovation dei Delegati delle Nazioni Unite. 

E che dire dell’audizione di Frank Stephens, affetto da sindrome di Down, davanti al Senato degli Stati Uniti, per discutere sulla destinazione dei fondi alla ricerca, mentre cerca di spiegare in maniera simpatica e toccante ai convenuti, il perché la vita di una persona affetta da Trisomia 21 sia degna di essere vissuta, come quella di una persona normale?

Comunque la si pensi, ci troviamo di fronte ad un unicum della storia recentissima. C’è una categoria di persone, sfuggite al programma di eliminazione, che denunciano l’uccisione dei loro simili prima della nascita, proprio perché appartengono a questa categoria, e condannano i metodi di diagnosi prenatale, che mirano in gran parte ad individuare proprio loro, loro che hanno una aspettativa di vita molto più lunga di altre malformazioni e quindi destinati a dare fastidio più a lungo alla società. Immaginate solo come possano sentirsi i sopravvissuti, sapendo queste cose. Purtroppo, non si tratta più un unicum se volgiamo lo sguardo alla storia recente del ‘900, dove la memoria ci riporta a fatti agghiaccianti, che non avremmo mai voluto che l’umanità conoscesse.

Infatti, non a caso, Frank Stephens denuncia davanti al Senato degli Stati Uniti, una specie di “final solution”, la soluzione finale.

Ora, esistono una varietà di tecniche per la diagnosi prenatale, da quelle non invasive come il test combinato (ecografia + prelievo di sangue, con la stima % del rischio), al test su DNA fetale ottenuto con un prelievo di sangue materno, fino ai metodi invasivi, cioè con ago attraverso la pancia sotto guida ecografica, con la villocentesi e l’amniocentesi; questi ultimi, con un rischio di aborto legato alla tecnica, quindi anche di bambini sani. Fra i vari metodi, sta avendo molto successo il test su DNA fetale, grazie alla facilità di esecuzione e alla mancanza di rischi per la mamma. Qualcuno avrebbe da obiettare sul termine mamma, meglio scrivere donna, perché se il bambino non è ancora nato non è un bambino e quindi la donna non è una mamma. Difficile spiegare questo concetto, a una donna raggiante che rivela di aspettare un bambino!

La Linea Guida “Gravidanza Fisiologica”, pubblicata dal Ministero della Salute (Governo Berlusconi, ministro Fazio), tra le molte e preziose informazioni, nell’“Agenda della gravidanza”, pone come obiettivo della prima visita, “offrire informazioni sulle possibilità di screening e di diagnosi prenatale della sindrome di Down”. Al capitolo “Diagnosi prenatale della sindrome di Down” si legge: “Riguardo al rischio, una revisione sistematica quantifica in 1,9% (IC 95%: 1,4-2,5) le perdite fetali dopo l’amniocentesi (15 studi, n=49.413) e in 2% (IC 95%: 1,4-2,6) le perdite fetali dopo la villocentesi (8 studi, n=24.457)…Uno studio di popolazione ha rilevato che i tassi di perdite fetali diminuiscono all’aumentare della frequenza con la quale i professionisti praticano l’intervento”. E più avanti: “In Danimarca, l’introduzione della valutazione del rischio utilizzando il test combinato (età materna, ricerca della translucenza nucale, determinazione della frazione beta libera di hCG e della proteina plasmatica A associata alla gravidanza) ha dimezzato il numero di nati con sindrome di Down e il numero di interventi diagnostici invasivi prenatali. Il programma, realizzato negli anni 2005 e 2006, ha portato a una diminuzione del numero di nati con sindrome di Down da 55-65 per anno negli anni 2000-2004 a 31 nel 2005 e 32 nel 2006. Il numero totale di prelievo di villi coriali e di amniocentesi è diminuito da 7.524 nel 2000 a 3.510 nel 2006...Il tasso di falsi positivi è risultato del 3,9% (IC 95%: 3,7-4,1%) e del 3,3% (IC 95%: 3,1-3,4) rispettivamente”. Già, non possiamo dimenticare i falsi positivi. E tra le Raccomandazioni: “Il percorso per la diagnosi prenatale della sindrome di Down deve essere offerto a tutte le donne entro 13+6 settimane”. Poi: “Il professionista della salute al primo incontro deve offrire alla donna in gravidanza una corretta informazione sul percorso per la diagnosi prenatale della sindrome di Down”. 

Tra l’altro, ora il Test Combinato è stato inserito nei nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza, governo Gentiloni, ministro Lorenzin) e quindi lo troviamo fra le “prestazioni specialistiche per il controllo della gravidanza fisiologica, escluse dalla partecipazione del costo”, cioè gratuito (18-3-2017 Supplemento ordinario n. 15 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 65, Allegato 10B).

Ci si è mai chiesti cosa possa pensare una persona affetta da sindrome di Down, davanti alle Raccomandazioni della Linea Guida “Gravidanza fisiologica”, sapendo bene che stanno cercando quelli come lui e che la stragrande maggioranza dei feti con Trisomia 21 saranno abortiti? Non avranno forse la sensazione di trovarsi di fronte ad una specie di “Manifesto della Razza”, scritto nero su bianco senza che alcuna voce si sia alzata? Perché sembra così tutto normale?  

Tra l’altro, le Raccomandazioni hanno la pretesa di vincolare il professionista della salute, medico o ostetrica, che “al primo incontro deve offrire alla donna in gravidanza una corretta informazione sul percorso per la diagnosi prenatale della sindrome di Down”, anche quando non richiesta dalla donna stessa, insinuando il tarlo del dubbio. Inoltre, a causa dei sempre più frequenti contenziosi legali che assediano il mondo della medicina, questo “deve” è stato preso così alla lettera, che ormai i ginecologi scrivono nel referto della prima visita ostetrica, di avere informato la paziente sulla diagnosi prenatale, per tutelarsi da eventuali rivalse.   

Nell’anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, ci si chiede se anche le persone affette da sindrome di Down, siano portatrici di quei diritti. Come ci si chiede, se anche per loro valgano gli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione. La risposta è certamente si, purchè siano già nati, cioè sfuggiti al programma di selezione eugenetica, perché prima non sono bambini, ma feti. 

Ci si chiede, a fronte della spesa sanitaria cospicua per la diagnosi prenatale, quante risorse sono indirizzate alla ricerca della cura? La medicina sta eliminando il malato, invece di cercare di curarlo, o comunque sostenerlo nel suo percorso. Quante risorse a sostegno delle famiglie con disabili?

Chissà cosa direbbe lo scopritore della sindrome di Down, il prof. Jerome Lejeune, accademico di fama mondiale, primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita, servo di Dio del quale è aperta la causa di beatificazione, le cui scoperte sono ora usate per eliminare le persone Down, che egli tanto amava. Chissà, forse ce lo dirà con un miracolo.