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FINANZA

Il debito degli Usa una minaccia mondiale

Il deficit statunitense è raddoppiato in cinque anni ed ora è pari al Pil. E il presidente Obama deve fare scelte difficili mentre si prepara alle elezioni.

Attualità 26_04_2011
dollari

Non c’è pace per la finanza mondiale. Dopo la crisi del 2009, provocata dai mutui subprime e dal credito facile verso le famiglie, ora il sistema globale si sta confrontando con una mina ancora più grossa, quella dei debiti sovrani, i debiti  contratti dagli Stati per finanziare non solo i loro investimenti, ma spesso in molti casi anche la spesa corrente e le prestazioni sociali come le pensioni e la sanità.


Si era parlato lo scorso anno dei Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), i paesi con la finanza pubblica maggiormente dissestata che hanno richiesto un massiccio intervento di sostegno e garanzia da parte dell’Unione europea. Con una crisi tuttavia che è ben lungi dall’essere risolta dato che nelle ultime settimane il vento delle difficoltà è tornato a soffiare in modo particolare sulla Grecia dove i tassi di interesse sui titoli pubblici hanno raggiunto livelli record segno di una crescente sfiducia dei mercati finanziari.


Ma ora in prima fila non ci sono solo piccoli paesi protagonisti di politiche di bilancio perlomeno esuberanti (politiche facilitate dai bassi tassi di interesse degli ultimi anni), in prima fila sono arrivati addirittura gli Stati Uniti con l’agenzia di rating Standard&Poor’s che ha fatto come regalo di Pasqua all’amministrazione Obama il declassamento da “stabile” a “negativo” delle prospettive dei titoli pubblici Usa pur confermando la tripla A, simbolo comunque di grande affidabilità.

“L’economia Usa – ha commentato l’agenzia di rating - è flessibile e altamente diversificata e le politiche monetarie del Paese hanno sostenuto la produzione contenendo le pressioni inflazionistiche. Tuttavia gli Usa hanno un deficit molto ampio rispetto agli altri Paesi con tripla A, e il percorso per ridurlo non ci è chiaro” .


Certo, le agenzie di rating (le società che danno i voti a chi chiede i soldi a prestito) non sono il Vangelo e nel recente passato hanno dimostrato più di una volta di sbagliare clamorosamente i propri giudizi. Ma al di là di questo resta il fatto che qualche problema gli Stati Uniti certamente ce l’hanno. Innanzitutto il debito è alto come una montagna: sono  quasi 15 mila miliardi di dollari, pari a 46mila dollari per ogni cittadino e 130mila dollari per ogni contribuente. Il debito privato, cioè delle famiglie, è ancora più alto: 16 mila miliardi di dollari. Scritto in cifre vuol dire 16.000.000.000.000. (http://www.usdebtclock.org/). Per fare un paragone il debito italiano è “solo” di 1.900 miliardi di euro (lo si trova continuamente aggiornato nell’home page dell’Istituto Bruno Leoni http://www.brunoleoni.it/ ).

In termini relativi il debito pubblico Usa è praticamente uguale al Pil, mentre quello italiano è ora al 120%. Ma paradossalmente gli Stati Uniti hanno qualche problema in più soprattutto perché il loro debito è praticamente raddoppiato negli ultimi cinque anni dato che era al 55% del Pil nel 2007.  Con una crescita della spesa pubblica determinata soprattutto dalla volontà di limitare gli effetti della crisi economica sia attraverso interventi sociali, sia cercando di salvare le banche e le società finanziarie in difficoltà.


Ora il presidente Obama e il suo Governo devono affrontare la strada tutta in salita fatta di:

1) riduzione degli interventi nella finanza, sperando che non si scopra qualche nuovo caso di bancarotta;

2) taglio della spesa pubblica, rivedendo le promesse dell’assistenza sanitaria e degli aiuti alle classi meno abbienti;

3) aumento delle tasse ai più ricchi rivedendo drasticamente le agevolazioni introdotte nel passato.

Il tutto a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali del novembre 2012 a cui Obama ha già annunciato di volersi ricandidare.


Non sarà una strada facile, ma l’unica alternativa sarebbe quella di ridurre il peso del debito in termini reali facendo correre l’inflazione e quindi lasciando svalutare ancora di più il dollaro. Una sottile e pericolosa tentazione che potrebbe diventare una realtà se il Congresso di Washington (dove dopo le elezioni di medio termine i democratici di Obama non hanno più la maggioranza) non approverà in tempi rapidi una strada credibile di riduzione del deficit.