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REFERENDUM COSTITUZIONALE

I giudici entrano in politica e dicono no alle riforme

Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, ha aderito ufficialmente al Comitato per il no al referendum costituzionale, che ora include settori dell’estrema sinistra e ambienti di centrodestra, accomunati da un unico obiettivo: mandare a casa il premier, bocciando la sua riforma più importante.

Politica 09_04_2016
Magistratura democratica si schiera per il no al referendum costituzionale

Qualcuno ha maliziosamente fatto notare la straordinaria coincidenza temporale tra l’inchiesta della Procura di Potenza sul petrolio e l’imminenza del referendum anti-trivelle, quasi che i magistrati volessero alzare il termometro dello scontro tra i sostenitori e i detrattori di quella consultazione. 

Ciò al fine di risvegliare le coscienze degli elettori, in maggioranza intenzionati, probabilmente, a disertare le urne. Ci sarebbe stato, secondo qualcuno, un tentativo della Procura di Potenza di scatenare un’offensiva anti-compagnie petrolifere, al fine di invogliare la gente ad andare a votare. Ma non ci sono prove di questi sospetti e quindi occorre sospendere il giudizio su quell’aspetto dell’inchiesta e commentare le notizie che arrivano dalla Basilicata come l’ennesima riprova di un malaffare diffuso che attraversa le istituzioni e il mondo imprenditoriale.

Referendum ben più decisivo per le sorti del governo, della legislatura e del Paese sarà quello di ottobre sulla riforma Costituzionale, che questo mese supererà definitivamente lo scoglio parlamentare. Lì Renzi si gioca la faccia e il futuro e la vittoria dei si potrebbe dargli una spinta ulteriore verso la conquista di Palazzo Chigi attraverso un’investitura elettorale. Ma ancora una volta sul terreno del renzismo potrebbe farsi trovare un “ospite” non gradito, l’opposizione delle toghe, più agguerrite che mai, che già mesi fa annunciarono il loro no alla legge di riforma Renzi-Boschi.

Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, ha aderito ufficialmente al Comitato per il no al referendum costituzionale, che ora include settori dell’estrema sinistra e ambienti di centrodestra, accomunati da un unico obiettivo: mandare a casa il premier, bocciando la sua riforma più importante. Legittima la saldatura tra gli oppositori anti-renziani di ogni colore politico, da Civati a Fassina, da Zagrebelski a Rodotà, da Di Pietro a Ingroia, da Berlusconi a Salvini. Più discutibile il fatto che una porzione dei giudici italiani si senta una controparte della politica, più che un potere autonomo, indipendente dagli altri poteri, e super partes.

A che titolo Magistratura democratica pubblica sul suo sito internet che nel referendum di ottobre «è in gioco l’architettura democratica della Repubblica» e che quella riforma costituzionale «in sinergia con la legge elettorale, ormai nota come “Italicum”, non ammoderna la macchina dello Stato, ma ne determina, al contrario, una pericolosa involuzione»? Il dramma è che la magistratura, esattamente come i partiti politici, è organizzata in correnti, che hanno ciascuna un loro credo ideologico e che non si fanno scrupoli nel difenderlo anche platealmente. Nel caso del referendum di ottobre, inoltre, il dissenso nei confronti della nuova architettura costituzionale immaginata dal governo potrebbe anche estendersi e c’è chi non esclude una presa di posizione di tutta l’Associazione nazionale magistrati in favore del no a quel disegno di legge. 

Già mesi fa, durante il Congresso nazionale dell’Anm, di fronte al ministro delle riforme, Maria Elena Boschi, ci fu chi accusò il suo disegno di legge di introdurre una concezione «semplicistica e formale della democrazia, in base alla quale chi vince prende tutto e si rinuncia alla soluzione della crisi di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, riducendo sempre più la partecipazione a una sorta di delega in bianco nei confronti di un vertice meno vincolato a controlli sufficientemente autorevoli ed efficaci».

La verità è che si tratta di posizioni davvero strumentali. Ampi settori della magistratura temono le riforme del governo Renzi in materia di Giustizia, con limitazioni alle intercettazioni e novità in materia di responsabilità civile e in altri ambiti dell’attività dei giudici. Il vero braccio di ferro è su questo. Abbattere l’attuale esecutivo, che sta mettendo in discussione, dopo tanti anni, taluni privilegi delle toghe, è l’obiettivo di alcuni settori della magistratura italiana. La cosa stucchevole è che ormai ciò avvenga alla luce del sole, in barba a qualsiasi parvenza di terzietà.