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INTERVISTA A MARK REGNERUS

«I genitori gay sovente sono un danno per i figli»

I ragazzi cresciuti con due persone dello stesso sesso sono molti più inclini a incorrere in difficoltà psicologiche e problemi sociali se comparati con altri coetanei cresciuti sia con i genitori separati e sia in una coppia naturale. Lo dice Mark Regnerus, ricercatore e scienziato. Lo abbiamo intervistato.

Famiglia 24_06_2016
Mark Regnerus, ricercatore e professore di Sociologia presso l’Università di Austin, in Texas,

L’amore fa la famiglia? È il titolo del convegno e l’interrogativo su quale mercoledì a Roma si sono confrontati il presidente del Comitato del Family Day, Massimo Gandolfini; l’economista, Ettore Ghotti Tedeschi e il sociologo statunitese, Mark Regnerus, ricercatore e professore di Sociologia presso l’Università di Austin, in Texas. Tra i relatori anche Filippo Savarese e Jacopo Coghe, rispettivamente portavoce  e presidente Generazione Famiglia, l’associazione pro-familiy che ha organizzato l’evento. 

Il dibattitto ha preso spunto proprio dalle ricerche del sociologo americano che hanno evidenziato tutta una serie di criticità riscontrabili nei figli adulti di genitori che hanno relazioni sentimentali con persone dello stesso sesso. In particolare lo studio “Le Strutture della Nuova Famiglia” ha evidenziato che i ragazzi cresciuti con due persone dello stesso sesso sono molti più inclini a incorrere in difficoltà psicologiche e problemi sociali se comparati con altri coetanei cresciuti sia con i genitori separati e sia in una coppia unita, ma formata da due figure genitoriali di sesso diverso. Dati che sono stati ferocemente criticati dal movimento Lgbt americano. La Nuova Bq ha intervistato il prof. Mark Regnerus a margine del dibattito proprio per capire quanto sia importante sviluppare una ricerca sociale basata su un’antropologia umana che valorizzi la famiglia naturale. 

Partiamo dal tema del convegno. L’amore fa la famiglia? 

«Dipende da cosa si intende per amore, abbiamo una definizione piuttosto limitata dell’amore, e la gente spesso dice “l’amore vince” e cose del genere, ma si tratta di una visione meramente romantica dell’amore pressoché basata sull’attrazione sessuale, non è un amore duraturo. L’amore può creare una famiglia solo se le persone si impegnano, offrono completamente loro stesse, è questo il segno distintivo del matrimonio».

Con la parola amore spesso si mascherano i peggiori attacchi contro l’antropologia umana, non le pare? 

«Si assolutamente, non tutti gli amori sono uguali, credo che il problema principale è che non capiamo l’esser umano, l’importanza delle persone all’interno delle relazioni, il marito, la moglie, i figli, la comunità che li circonda. Noi invece pensiamo che l’antropologia sia atomica, concentrata su una persona, individualistica. In realtà è paradossale perché questa visione non è una cosa in favore dell’ambiente umano, potremmo dire che sono idee non “sostenibili”, non sono “verdi” come direbbero gli ambientalisti. Penso che ci sia una migliore antropologia. Anche nelle mie ricerche e negli studi e nelle statistiche che ho messo insieme alla fine emerge un’idea migliore di quello che sono e desiderano le persone».

Cosa emerge in questi studi?

«Il mio studio raccoglie anche altre ricerche svolte su questi temi, e in realtà i risultati non sono molto sorprendenti, ovvero si evince che i bambini vivono meglio quando sono circondati dai loro genitori biologici, quindi dalla madre e dal padre. Allora i miei ”oppositori” dicono “non è giusto noi non possiamo avere un figlio biologico”, mi dicono “non puoi paragonare i bambini che crescono in una famiglia omogenitoriale con quelli che crescono in una naturale”, io però non sono interessato a quello che è giusto fare secondo loro, ma sono interessato a quello che è il meglio per i bambini. Noi compariamo famiglie separate, omogenitoriali, madri single e tutte quelle situazioni che non sono stabili. E nella maggior parte degli studi emerge che i bambini vivono con un papà e una mamma».

Quindi ha cercato di dimostrare quanto sia indispensabile la complementarità delle figure genitoriali, madre e padre, per la strutturazione della propria identità? 

«Se non si può dire che sia indispensabile quanto meno possiamo affermare con certezza che è la condizione ideale, ottimale per crescere. Ma gli americani ormai sono molto scettici rispetto a questo fatto, si vergognano di dire questo, ma la realtà è questa. L’Europa da questo punto di vista è sicuramente più tradizionalista. Negli Usa manca il rispetto per la tradizione, purtroppo noi non siamo stati fonte di buone idee. Siamo molto individualisti e scettici riguardo a ogni limite che si pone alle persone. Ma questa è una cosa stupida, perché è chiaro che l’unico modo affinché le persone siano umane al cento per cento è all’interno di una relazione. E la relazione con il padre e con la madre è quella più antica in assoluto, e qualcuno vuole cambiarla».

Quindi la vera libertà è seguire la propria identità? 

«L’identità è un concetto molto ampio, l’identità biologica è qualcosa di stabile, ma poi io creerò la mia identità anche grazie alle miei orientamenti sessuali… ma questa è una ricetta per la tristezza. La mia attrazione verso le donne non è la fonte della mia identità, penso che ci siano cose più importanti sulle quali basare la nostra identità».

Ma introdurre alcune teorie durante la fase di strutturazione di un bambino può influire sulla sua crescita?

«Ovviamente, è negli Usa questo è successo, noi non la chiamiamo teoria gender, in Europa sì e ne ho sentito parlare tantissimo, ma l’idea dietro questa teoria è nata teoricamente negli Stati Uniti grazie al contributo di alcuni europei. Dunque, in realtà è un’idea americana, sostenuta dal sistema universitario americano, dove ci sono persone che insegnano queste cose e dominano gli atenei. Basta passare una settimana in Italia per rendersi conto che questa teoria non è ancora così radica qui da voi». 

C’è una parte sana del tessuto sociale americano che rifiuta questo trend?

«Si in realtà c’è ma non siamo stati bravi a farlo come voi europei. Il problema è che in America questa teoria e sostenuta dalle elite e dalle multinazionali».

In effetti la pressione di queste lobby è stata evidente nella nota vicenda che ha visto alcuni Stati americani opporsi alla richiesta di eliminare ogni separazione per sesso nelle toilette pubbliche per non urtare la sensibilità dei trans-gender…

«Si è una vicenda assurda, il Texas e 15 altri Stati si sono opposti a questo diktat; il punto è che in Usa alcune scelte vengono poi imposte dai tribunali e tutti devono rispettarle. E pensare che i bagni separati tra uomini e donne sono stati proprio un atto di rispetto verso quest’ultime negli anni in cui le donne hanno cominciato a essere integrate nella vita pubblica. Ovviamente, se mettessimo ai voti la questione, quasi tutti gli americani voterebbero per far rimanere la separazione dei bagni. Abbiamo creato un problema che non sentiva nessuno».

Nella campagna elettorale per le presidenziali si è parlato di questi temi? 

«No, queste presidenziali sono un disastro». 

Non c’è un movimento pro-family che fa opinione?

«Si c’è e si sta impegnando molto, ma non abbiamo sostegno nei tribunali, e ora abbiamo perso il migliore esponente della giustizia americana, il giudice della Corte Suprema Antonin Scalia, e la gente si sta chiedendo chi potrà sostituirlo. Lui era un vero genio». 

I cattolici americani hanno quindi un ruolo importantissimo in questa battaglia?

«È una questione complicata, ci sono delle leadership fantastiche fra i cattolici americani, ma per quanto riguarda la famiglia, molti vescovi preferiscono evitare questo tema. Non vogliono avere problemi. Solo alcuni pastori lavorano molto in questo ambito, ma si dovrebbe fare molto di più; proprio l’altro giorno ne parlavo con l’arcivescovo di Filadelphia, monsignor Charles Joseph Chaput».

Quanto costa dire la “verità” in America?

«È molto difficile quando ci sono della società private così grandi e il governo federale che spendono così tanti soldi su questo argomento e tu dall’altra parte hai solo piccoli donatori. È come Davide contro Golia, però non abbiamo ancora tirato la pietra, spero che ci riusciremo».

Nella sua attività universitaria di ricerca ha incontrato problemi? 

«Sono state svolte due indagine su un mio studio, tuttavia questo studio è considerato ancora valido dalla comunità scientifica, non sono riusciti a screditarlo».

Quindi la ricerca sociale può aiutare a capire qual è il bene per l’uomo

«Le statistiche di qualità dimostrano che avere un padre e una madre aiuta crescere in un modo migliore, non c’è niente che può superare questo». 

In Italia hanno appena approvato le unioni civili, ma il popolo italiano, in gran parte, rigetta ancora le adozioni per coppie dello stesso sesso e alcune pratiche come l’utero in affitto

«Questo perché gli italiani nella loro coscienza sanno ancora benissimo che il papa e la mamma sono la condizione migliore. Utero in affitto, fecondazione in vitro… sono tutte cose che si sono sviluppate negli Stati Uniti». 

Infatti, gli italiani vanno dall’altra parte dell’Atlantico per cercare una madre surrogata. Il caso più clamoroso è quello dell’ex governatore della Puglia Niki Vendola, un politico che in passato aveva militato nel Partito comunista

«Era comunista?  Veramente? Ma questo è capitalismo applicato ai bambini! Il problema degli americani è che sono così devoti al capitalismo che questo è entrato nelle case e nelle famiglie, non sanno dove fermarlo». 

Nella maggior parte degli Stati europei l’utero in affitto è proibito ma chi vuole farlo viene da voi

«Qui torniamo al fatto che gli americani non hanno una tradizione. Per esempio, gli evangelici considerano che non sia un problema l’utero in affitto, non pensano che sia un problema la fecondazione in vitro, hanno un’antropologia debole, si limitano a dire “se la Bibbia non ne parla allora non è un problema”. In Francia e in Italia c’è ancora una tradizione cattolica in buona parte delle persone, tradizione che è radicata in una migliore antropologia. Alla fine dei conti, per gli americani il consenso è l’unica cosa che conta, quindi se voglio vendere i miei ovuli, se voglio vendere il mio corpo nessuno può impedirmelo. Il capitalismo ha superato ogni limite, io non sono socialista ma, come dice il Papa, penso che bisogna fissare dei limiti altrimenti ci sarà una colonizzazione su tutto».

Anche in Italia stiamo superando questi limiti, proprio oggi in Italia la Cassazione ha ammesso la cosiddetta stepchild adoption

«Qui andate per piccoli passi, perdete terreno piano piano, mentre in America come viene presa una decisione la situazione si ribalta completamente».

Basterebbe mettere i diritti dei bambini davanti a quelli dell’adulto, no? 

«Tutti gli adulti sanno cosa è meglio per un bambino, dalle ricerche si vede che i figli dei genitori divorziati si chiedono continuamente se non sarebbe stato meglio che i genitori si fossero continuati ad amare, questi sono i desideri di un bambino. Ma gli americani hanno una visione individualista del diritto, ricercare la felicità è nella nostra dichiarazione d’indipendenza e immagino che non sia né nella Costituzione francese né in quella italiana. Vale di più del bene bene comune e della solidarietà».

In Italia, però, abbiamo la proponente della legge sulle unioni civili che ha fatto un ordinamento comunale per non strappare i cuccioli di cane dalla cagna prima di sessanta giorni dalla nascita. Nella società occidentale ormai vale più un cane che un bambino?

«In Italia avete un problema demografico, le persone non fanno figli, la stessa cosa che succede a San Francisco dove ci sono più cani che bambini. Adesso i cani sono più importanti delle persone, sì è ridicolo. Ma che questo fatto lo dica una minoranza è ancora più ridicolo. Per i miei nonni una cosa del genere sarebbe stata inconcepibile. Mentre adesso ci sono pochissime persone che vanno contro queste cose».

La strage di Orlando ha condizionato il dibattito su questi temi? 

«Probabilmente, il movente degli assassini è molto difficile da comprendere e sarebbe molto meglio se nessuno facesse delle speculazioni politiche sopra questa terribile strage».

Per concludere in base ai suoi studi da dove si può partire per rifondare un’antropologia umana che rispetti la famiglia naturale? 

«Non credo che questo processo possa iniziare dagli Stati Uniti, ma è importante andare avanti anche con il lavoro che sto svolgendo. Io continuerò a fare queste ricerche malgrado la propaganda politica sia più forte. Qualcuno deve fare il lavoro del profeta, mettere in guardia le persone, qualcuno deve farlo e ci sono tre tipi di reazione nella gente. La prima è quella di coloro che capiscono che tu hai ragione, ma hanno troppa paura per fare qualcosa. Poi ci sono quelli che vogliono metterti a tacere e infine troviamo le masse che non vogliono sentire nulla e pensano principalmente al “food and enterteinment”, è una situazione molto variegata. Diciamo che mi considero uno dei pochi sopravvissuti che sa cosa è giusto e cosa è bello, però dobbiamo continuare a dirlo perché non c’è speranza di cambiare la situazione se ci fermiamo. E dobbiamo dimostrarlo tutti i giorni anche nella vita in famiglia, in quello che dichiariamo, che confessiamo; dobbiamo avere dei dati e dobbiamo essere affiancati dalle nostre storie, perché la gente è motivata non dai dati ma dalla bellezza, e noi finora abbiamo perso la battaglia perché i nostri oppositori sono riusciti a raccontare storie migliori».