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SCUOLA, BOTTA E RISPOSTA

Genitori o figli, chi sceglie le superiori?

«Per i ragazzi è la prima occasione per farsi domande». «Ma la scelta spetta a chi è responsabile dell'educazione».
- Licei, scelta di qualità, di E. Riboldi

Attualità 25_05_2011
scuola
L'articolo di Erminio Riboldi che analizzava il dato secondo cui continua a crescere la preferenza degli studenti italiani per i licei, ha suscitato un dibattito. Ha replicato Marco Lepore nell'articolo "La scuola secondaria non va scelta dai genitori" (che ripubblichiamo sotto). Qui invece ancora qualche precisazione di Erminio Riboldi:


Ringrazio il dott. Lepore per le sue parole che mi offrono la possibilità di una precisazione e di qualche osservazione. La precisazione vuole chiarire che il mio precedente contributo mirava a dare conto delle ragioni che inducono le famiglie degli studenti a optare in larga maggioranza per i licei: si tratta di un fatto che non giudico di per sé né positivo né negativo, soltanto un fatto che merita qualche spiegazione. Son quelle che ho cercato, sia pur sommariamente, di dare.

Per venire alla sostanza dell’articolo del dott. Lepore, concordo pienamente con lui quando afferma che una “scelta di qualità” sarà quella che permette ai nostri ragazzi di percorrere la strada che è loro propria (e che noi non conosciamo con certezza a priori…), quella più corrispondente alle loro attitudini – fossero anche quelle di un bel lavoro artigiano - sostenendoli comunque nel cammino anche quando non lo si capisce o addirittura non lo si condivide”. Non solo una scelta di qualità, ma anche, oserei dire, una scelta coraggiosa e pienamente meritoria.

E, anch'io sono convinto e auspico “che, se i nostri ragazzi fossero aiutati a scegliere in prima persona, tenendo più conto delle indicazioni fornite dalla loro storia personale (scolastica, extrascolastica e familiare), e dando meno spazio al desiderio di “proteggerli” o di garantire loro un futuro di “radiosi successi mondani”, le percentuali di iscrizione alle scuole superiori sarebbero diverse, e gli istituti professionali (in particolare) smetterebbero di essere considerati come la discarica per gli “scarti di produzione” dei licei.

Ma detto questo mi chiedo se, davvero, non sia giusto ritenere che debbano essere i genitori a decidere, anche se, certamente, non in modo arbitrario. D’altra parte, se il dott. Lepore afferma che “noi genitori ( che, dico io, abbiamo messo al mondo questi figli, li abbiamo educati, li conosciamo più di chiunque altro, desideriamo il “loro” bene, che non è il “nostro” bene, abbiamo una certa conoscenza della realtà sociale che ci circonda) non conosciamo con certezza a priori la strada che è propria dei nostri figli”, davvero si può ritenere che la conoscano loro, i nostri figli, persone che si affacciano solo ora alla società e che, per il fatto di essere adolescenti, faticano a conoscere persino se stessi?

In sostanza, e per concludere, dopo aver attivato tutti i percorsi possibili per accertarsi della bontà e della giustezza della scelta, ivi compreso il dialogo con i figli e dopo essersi poste le domande che contano “Chi ho davanti a me? Chi è mio figlio? Qual è davvero il suo bene, il suo destino?”, alla fine di tutto questo a decidere deve essere chi ha la piena responsabilità dell’educazione del figlio, il genitore, sul cui equilibrio e sulla cui saggezza lungimirante sono ancora disposto a scommettere.




LA SCUOLA SECONDARIA NON VA SCELTA DAI GENITORI
di Marco Lepore

L’Italia è il Paese al mondo con il più alto tasso di giovani che si iscrivono ai licei. Come riportato da Il Corriere della Sera del 24 maggio, quasi la metà delle famiglie italiane (il 49,2 %) sceglie per i propri figli il liceo, con una netta preferenza per lo scientifico (18,4%), integrato, grazie alla “riforma Gelmini”, dalla variante “scienze applicate”, cioè senza latino (5,5%). Quasi un terzo delle famiglie opta per l’istituto tecnico ( 32,1%), solo il 18,7 %, sceglie gli istituti professionali, con un calo del 3,4% rispetto allo scorso anno.

Ma è davvero una “scelta di qualità”, come scrive Erminio Riboldi (preside di un liceo paritario FAES) in un interessante articolo apparso su “La Bussola Quotidiana”?

Non ne sono convinto. Come orientatore, ho sempre affermato che la scelta della scuole superiore deve essere fatta anzitutto – non da solo, ma anzitutto - dallo studente e non dal genitore; questo risultato mostra, invece, che la pressione genitoriale resta ancora molto, troppo elevata.

E’ vero,
infatti, quanto scrive Riboldi: nessun genitore «manderebbe suo figlio in una scuola che non è vista come un grande risultato»; così, “al momento di prendere una decisione importante per il figlio, sceglie qualcosa che ritiene più utile, se non a garantire, almeno a preparare un futuro migliore per lui.” E “il liceo….gode, ancora, di una fama di “serietà” e di “esigenza”, che altre scuole hanno perso o non hanno mai avuto, perché “prepara all’università”.

Già, ma dove sta scritto che devono essere i genitori a decidere? Per i ragazzi di terza media, la scelta della scuola superiore è la prima vera, grande occasione per domandarsi seriamente: “cosa voglio, chi sono, cosa desidero diventare?”. Sono domande grandi, importanti, che esigono certamente un sostegno degli adulti – genitori e insegnanti - ma non una sostituzione! Ed è pericolosissimo sostituirsi nella risposta, perché gli si comunica – direttamente o indirettamente - una sfiducia nelle loro capacità di aprirsi alla realtà, di guardarsi, di assumersi delle responsabilità; inoltre i genitori, spesso e volentieri, guardano i propri figli con “gli occhi del mondo”, misurando e preparando il loro futuro sulla base dei criteri dettati dalle mode del tempo: riuscita professionale, ricchezza, elevato status sociale.

In questo modo, però, esercitano un arbitrio e si precludono pure la possibilità, interessantissima, di chiedersi: “Chi ho davanti a me? Chi è mio figlio? Qual è davvero il suo bene, il suo destino?”…Sono domande, queste, che esigono un distacco e, nello stesso tempo, una apertura attenta alla realtà, per capire davvero attitudini, inclinazioni, desideri e potenzialità, e che diventano anche possibilità di una relazione nuova e più matura con i figli, sebbene più misteriosa e vertiginosa …

E poi, siamo davvero sicuri che la qualità della vita dipenda necessariamente dall’incontro coi classici, dal sapere tante cose, dall’andare all’università?

“Scelta di qualità” non sarà, invece, quella che permette ai nostri ragazzi di percorrere la strada che gli è propria (e che noi non conosciamo con certezza a priori…), quella più corrispondente alle loro attitudini – fossero anche quelle di un bel lavoro artigiano - sostenendoli comunque nel cammino anche quando non lo si capisce o addirittura non lo si condivide?

Sono certo che se i nostri ragazzi fossero aiutati a scegliere in prima persona, tenendo più conto delle indicazioni fornite dalla loro storia personale (scolastica, extrascolastica e familiare), e dando meno spazio al desiderio di “proteggerli” o di garantire loro un futuro di “radiosi successi mondani”, le percentuali di iscrizione alle scuole superiori sarebbero diverse, e gli istituti professionali (in particolare) smetterebbero di essere considerati come la discarica per gli “scarti di produzione” dei licei.