Figli di Giuseppe nel mondo che svilisce la paternità
Tra le pagine di padre Serafino Tognetti si possono sperimentare la protezione e la compagnia del padre putativo di Gesù. Un santo controcorrente ma che proprio per questo sa indicare la strada a un'umanità orfana che vaga tra le tenebre del non-senso.
Scrivere un libro su san Giuseppe, oggi, può sembrare una operazione spericolata. Per diversi motivi: innanzitutto perché ne sono già stati scritti tanti, e poi perché in realtà di san Giuseppe – almeno dalle Sacre Scritture – si sa davvero poco.
Cosa si può dire, ancora, che non sia già stato detto? Padre Serafino Tognetti, però, che è un monaco un po’ “spericolato” (non certo a livello dottrinale, ma nella sua umana simpatia), non si è fatto fermare da queste semplici e, forse, banali considerazioni, e ha pubblicato anche lui un libro (San Giuseppe, Edizioni Etabeta 2025) su questo grande Santo, padre putativo di Gesù, così silenziosamente fondamentale nella storia della nostra Salvezza.
Facendo leva sulla profondissima eredità degli insegnamenti ricevuti dal padre fondatore della Comunità dei Figli di Dio, Don Divo Barsotti, e attingendo ad alcuni contenuti già presentati in occasione delle sue innumerevoli catechesi di formazione degli affiliati, padre Serafino ha scritto un testo che non è uguale né simile a nessuno di quelli già pubblicati su San Giuseppe da altri autori. Non è una agiografia, né una storia romanzata (ce ne sono di bellissime come pure di orribili…), né un trattato di teologia, ma un contributo assolutamente originale, ricchissimo di insegnamenti e spunti di riflessione.
Col suo linguaggio “parlato”, semplice e nello stesso tempo profondo, partendo dai pochi ma tuttavia fondamentali indizi che i Vangeli ci hanno lasciato, e soprattutto dal ruolo che San Giuseppe ha avuto (e ha tuttora) nella storia della Salvezza – sposo di Maria, padre putativo di Gesù, discendente della stirpe regale di Davide, etc… – l’autore ci fa percorrere col suo libro itinerari di fede e di vita quotidiana che, alla luce della figura di questo grande Santo, svelano tutta la loro profondità e importanza per la vita personale e della stessa comunità umana.
Sposo casto e fedele, padre e capofamiglia, lavoratore instancabile, umile e povero, etc…: tutti appellativi oggi estremamente impopolari, in un tempo in cui più nessuno sembra volersi sposare e mettere al mondo dei figli, in cui il padre è figura svilita e quasi disprezzata, in cui l’accusa di “patriarcato” suona come una minaccia infamante, e in cui la maggioranza delle persone ambisce a lavorare sempre meno per arricchirsi sempre di più, nella totale dimenticanza di qualsiasi forma di castità…
Ma proprio perché questi appellativi sono così tanto screditati (e lo stato pietoso della nostra società ne è significativa espressione) è più che mai necessario san Giuseppe per ricordarci la profonda bellezza del matrimonio, il vero significato della paternità – proprio lui che era “solo” padre putativo – l’importanza del lavoro operoso, silenzioso e umile, nonché la chiara necessità, nella famiglia, di una figura paterna autorevole e coraggiosa nelle scelte. E tante altre cose… «Non si tratta», afferma padre Serafino, «di scrivere qualcosa in più su san Giuseppe rispetto a quanto già detto da autori illustri, santi e prestigiosi. Si tratta ora di vivere con lui».
Ecco: «vivere con lui», come si vive con un padre, facendo esperienza della sua compagnia e protezione nella vita concreta, perché sia padre anche a noi, pur non avendoci generati nella carne. E quando un padre è veramente presente come tale, inevitabilmente diventa modello per i figli. Del resto, la paternità di Giuseppe, che pure non ha partecipato al concepimento, ha realmente definito l’identità di Gesù Cristo: per chi lo amava, come per chi lo disprezzava, Gesù era “il figlio di Giuseppe”. Era, in un certo senso, il suo cognome; unito al nome del villaggio in cui era cresciuto, lo identificava umanamente, come ogni persona è normalmente definita dai genitori, dal luogo di origine e dai parenti stretti o lontani che ha.
Anche noi possiamo essere “figli di Giuseppe”. Anche noi, attraverso il libro di padre Serafino, siamo chiamati a fare tesoro di questo ambito di crescita umana di cui il Figlio di Dio ha usufruito con amore e gratitudine. Il mondo in cui viviamo, in cui vive oggi tutta l’umanità, ormai colmo di orfani vaganti immersi nelle tenebre del non-senso, senza punti di riferimento né vie da percorrere che mostrino all’orizzonte una possibilità di vera felicità, ci ricorda l’urgenza di trovare un padre che ci aiuti a fare esperienza dell’essere veramente figli amati, e che ci indichi la strada delle nostra piena e definitiva realizzazione: essere figli di Dio, chiamati alla felicità eterna.
San Giuseppe, con la sua presenza silenziosa e nascosta, mostra con piena evidenza che non intende chiamare a sé, ma essere solo l’“ombra del Padre”. La sua carne proietta una forma, la sua, che però è possibile solo per una luce che la illumina e che giunge da un Altro. Scrive al riguardo padre Serafino: «La grandezza è nella piccolezza e questa è celata agli orgogliosi. Senza l’umiltà manca l’amore perché l’umiltà è la stessa manifestazione dell’amore. Chi ama non vive per sé, ma per colui che ama; chi ama non vive che la dimenticanza di sé per vivere il ricordo dell’amato. Questa è la fotografia di san Giuseppe: tu lo inquadri, ma non lo vedi; gli fai la foto e salta fuori il volto di Cristo».
Per questa umanità, tutta ripiegata su una prospettiva di realizzazione intramondana, eppure così profondamente infelice, san Giuseppe è una figura certamente controcorrente. E, con lui, ogni libro che ne parla. Quello di padre Serafino Tognetti, la cui ricchezza abbiamo qui presentato solo in piccola parte, rappresenta proprio per questo una autentica possibilità di aiuto a vivere la nostra vita quotidiana in modo più umano e più vero. Vivendola con lui, con san Giuseppe, per essere veramente figli del Padre che è nei Cieli.
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