Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Atanasio a cura di Ermes Dovico

SCHERZI A PARTE

Feltri al Colle, la destra è alla frutta? No, al grappino

Vittorio Feltri al Quirinale: tra i candidati al Quirinale c’è anche il grande direttore, sostenuto da Lega e Fratelli d’Italia. Ok, ma qualcuno dovrebbe spiegare come fanno Lega e Destra a sostenere uno che si è iscritto all’Aricigay e vuole l’eutanasia. Feltri, ironicamente, dice che siamo alla frutta. No, al grappino. 

Politica 31_01_2015
Vittorio Feltri

La ricreazione è finita: da stamane basta magalli, sabrineferrilli e pippibaudo perché quando il gioco si fa duro i duri come Salvini cominciano a giocare. Fino a qui c’è stata libertà di celia e di cazzeggio, ma adesso è finita per tutti: al grigio Mattarella, grigio ex democristo che pare uscito da un mausoleo sovietico, basterà una manciata di voti in più per planare sul Quirinale. Poi, da lunedì stampa e Tv torneranno alla politica politicante delle solite cose, del patto tradito (?) del Nazareno, del sistema elettorale con premio di maggioranza e scappellamento a destra, delle supercazzole greche in salsa Tsipras.

Peccato, il divertente gioco delle Quirinarie ci aveva regalato quattro magnifici giorni di svago e buonumore. Una di quelle rare occasioni (ogni sette anni) che infila la società civile in Parlamento e la mette comoda sugli scranni. A prendere per i fondelli onorevoli, grandi elettori, senatori e consiglieri regionali venuti giù con la piena dalle province. Questa volta, poi, insieme alla società civile c’era pure quella sportiva, con il Pupone Totti che s’è preso i suoi 5 voti, solo 4 in meno di Romano Prodi. 

I soli a non aver perso la voglia di buffoneggiare, oltre i limiti consentiti, sono quelli della Lega di Salvini e la Destra di Giorgia Meloni e dei Fratelli La Russa. Forse non hanno capito o non hanno più nulla da capire, ma insistono a volere Vittorio Feltri come Presidente della repubblica (con la “r” minuscola per non confonderla con l’odiato quotidiano). Quando il nome del gran bergamasco comparve alla prima votazione, sembrava di essere su Scherzi a parte, con la presidente Boldrini nella parte di santa Sebastiana Addolorata: ogni scheda per Feltri una freccia piantata nel suo sciccoso décolleté. Lo scherzo continua: Lega e Destra insistono e ieri il Vittorioso aveva 51 voti, più della somma dei due schieramenti. Vabbè, di burloni è piena l’aula e a lui la cosa mica dispiace, anzi. «Fa piacere essere citato», dichiara, «scelto da qualcuno, anche per il Quirinale. É sempre meglio che farsi dare della testa di cazzo pubblicamente».

Lo stile è inconfondibile: cinismo appena appena mitigato da ironia senza peli (ossimoro che solo a lui è permesso) a nascondere la sua innata timidezza. Poi l’affondo, questo sì crudele e da raffinato opinionista: «Il fatto che sia uscito il mio nome dimostra a che punto siamo arrivati nel decadimento della nostra classe politica. Voglio dire che ormai si è arrivati a raschiare il fondo del barile». Insomma, siamo alla frutta o forse, per Lega e Destra, anche al grappino.

Questi mica hanno capito che il mitico diretùr li piglia per i fondelli. Eppure, a sentire Giorgia Meloni,  «non è una candidatura di bandiera», è qualcosa di più. Cosa? «Un assaggio di un futuro possibile». Cioè? Boh, forse manco lei lo sa, ma le basta l’assaggino. Sparacchia Storace: «Feltri? Un uomo libero come ha dimostrato persino nella vicenda legata al processo per vilipendio che ho subito con relativa condanna quando vergò su Il Giornale un articolo tra i più belli che ho mai visto scrivere su di me». Quando si dice un elogio disinteressato. Giorgia in lacrime lancia infine una supplica a Berlusconi e Alfano: ripensateci, «siete ancora in tempo per votare un uomo libero». Salvini, infine, non spreca aggettivi e la fa breve: «Noi votiamo Feltri, anche per quindici giorni di fila». Poche idee quelle di Matteo, ma sempre le stesse, almeno fino a metà mese.

Salvini, Meloni, Storace, un tris di leader che vanno dalle brigate rozze in camicia brunoverde a una Destra che fu sociale e che ora rischia di finire in ospedale. Per trauma cranico e spaesamento psico-fisico.  Bisogna essere un po’ tòcchi per candidare uno come Feltri a garante di quei valori che i tre dicono di difendere: Dio, Patria e Famiglia. Non nominiamo il nome di Dio invano e lasciamo la Patria ai patrioti, ma qualcosa sulla famiglia bisognerà pur dirla. E anche su quelle questioni eticamente “sensibili” che riguardano la vita e la morte, del modo di venire al mondo di un bimbo, del suo diritto ad avere una mamma e un papà come natura comanda. Davvero l’aspirante quirinalizio la pensa in merito come Salvini e Meloni? Non pare, anzi: più volte il direttore ha dichiarato che fosse per lui in Italia i matrimoni gay sarebbero riconosciuti per legge, che è diritto della donna farsi ingravidare anche per conto terzi, che l’eutanasia è libertà e conquista di civiltà (ribadita anche ieri sul Giornale). 

Ecco, qualcuno dovrebbe chiedere a Salvini e agli altri combattenti e reduci, se è questo il Feltri che vogliono al Colle.  Il mattacchione che li ha fatti fessi iscrivendosi all’Arcigay insieme alla lady di Arcore e che vorrebbe trasformare in legge il registro dei matrimoni omosex di Pisapia e Marino. Ci vada Salvini a spigare al suo amico Maroni, che a Milano s’è dannato a organizzare il convegno sulla famiglia, cannoneggiato dalle associazioni gay e Lgbt, che il direttore gay friendly è quel che ci vuole per portare aria nuova al Quirinale? E insieme all’aria, magari ci porti pure Luxuria. Massì, tanto è tutto una gigantesca bufala, nata per burla e assecondata da Feltri solo per vedere l’efetto che fa. Ultimo consiglio: salviniani e meloniani chiedano un ultimo parere ad Alessandro Sallusti, che qualcosa in più sul suo ex direttore la deve ben sapere. Lui, comunque, si è già espresso: «Feltri potrebbe essere un buon presidente della Repubblica, ma c'è uno scoglio insormontabile da superare: al Colle si guadagna troppo poco». Vabbè, carognerie tra colleghi, ma fra tutte, questa è la sola in autentico spirito feltriano.