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CHIESA

Diaconesse, Ravasi e Kasper bruciano le tappe

Dopo le dichiarazioni di Papa Francesco sulla possibilità di riunire una commissione per lo studio del ruolo delle diaconesse nella Chiesa dei primi secoli, i cardinali Ravasi e Kasper sembrano andare già oltre gli studi che questa potrebbe fare, portando verso una conclusione che nella sostanza va ben al di là di quelle che emergono essere le funzioni delle diaconesse dei primi secoli.

Ecclesia 15_05_2016
I cardinali Kasper e Ravasi

Papa Francesco raccoglie l’assist di una superiora generale ed appare possibilista circa una riscoperta del diaconato femminile secondo quanto era nella chiesa primitiva. Probabilmente, l’intento di Bergoglio è quello di rilanciare la vita consacrata femminile che appare ai suoi occhi un po’ stantia e persino deprimente: «troppe donne consacrate sono “donnette” piuttosto che persone coinvolte nel ministero del servizio. La vita consacrata è un cammino di povertà, non un suicidio». Ma il futuro sembra, invece, aprire prospettive più gratificanti; auspica, infatti, «che le donne entrino nel processo decisionale, anche che possano guidare un ufficio in Vaticano». 

Papa Bergoglio non ha comunque specificato nulla di preciso, limitandosi a dire che avrebbe provveduto a costituire una commissione di studio sul diaconato femminile nell’antichità. Sono però due cardinali a spingere un po’ più avanti la questione. Il Cardinal Ravasi, intervistato dal vaticanista Aldo Maria Valli, inizia a tirare il primo sassolino: «Definirne la funzione in maniera più istituzionale vorrebbe dire da un lato arrivare ad assegnare alle donne incarichi per quanto riguarda il battesimo, la celebrazione dei matrimoni e l’annuncio della parola di Dio all’interno di particolari contesti liturgici (non necessariamente quello dell’eucaristia), e dall’altro significherebbe dare un rilievo formale ufficiale alla donna all’interno delle strutture ecclesiali, con funzioni ben precise, ben delineate».

Molto più sbilanciato è, invece, il cardinale Kasper, che evidentemente si sente incaricato ad aprire brecce in quelle poche mura rimaste a difesa della Chiesa. La diaconessa, dice Kasper al Corriere, «potrebbe anzitutto predicare: un diacono, a differenza di un laico, lo può fare durante la messa. Lo stesso vale per le nozze, i battesimi. C’è chi teme che la gente non capirebbe la differenza. Ma il Papa può dare alle donne diacono questo diritto. Sarebbe una decisione disciplinare, canonica, non sacramentale». Oltre al solito ritornello rassicurante, per cui la dottrina sacramentale è al sicuro, trattandosi solo di una modifica disciplinare, che il papa potrebbe cambiare a suo piacimento (nella stessa prospettiva vengono “lette” la possibilità di ricevere la comunione da parte dei divorziati risposati, come anche il celibato sacerdotale …), il cardinale di fatto attribuisce alle future diaconesse quasi tutte le facoltà del diacono ordinato. Basta confrontare l’affermazione di Kasper con quella del Catechismo della Chiesa Cattolica §1570: “Compete ai diaconi, tra l'altro, assistere il Vescovo e i presbiteri nella celebrazione dei divini misteri, soprattutto dell'Eucaristia, distribuirla, assistere e benedire il Matrimonio, proclamare il Vangelo e predicare, presiedere ai funerali e dedicarsi ai vari servizi della carità”. Il diacono inoltre può amministrare il Battesimo (CCC § 1256).

Ora, se si tiene conto che già oggi le donne, senza essere diaconesse, possono servire all’altare e distribuire la Comunione, in qualità di ministre straordinarie dell’Eucaristia (divenute straordinariamente ordinarie…) e in alcuni posti, specie di area germanofona, già presiedono riti funebri e celebrazioni della Parola (Pastoralassistenten), se si aggiungono la predicazione, i battesimi e i matrimoni, secondo l’indicazione di Kasper, stiamo praticamente parlando di una equiparazione al diaconato ordinato. 

Resta pur vero che Kasper – bontà sua - non sembrerebbe aprire a benedizioni, lettura del Vangelo e servizio liturgico specifico, ma certamente la differenza con il diaconato ordinato, che nella Chiesa antica era molto marcato, si assottiglia sempre di più. Che l’intento di Kasper & C. sia quello di arrivare ad una equiparazione di fatto, lo si comprende bene anche dalle considerazione da lui fatte, circa la discussione affrontata già tre anni fa: «Ero stato invitato dalla conferenza episcopale tedesca e dissi che si poteva fare [per le diaconesse, n.d.a.] come accade per le badesse: c’è un rito molto lungo, quando viene nominata una badessa. E non è un sacramento, ma una benedizione. Una benedizione è certamente possibile. Del resto accade lo stesso agli abati. In realtà, molte donne non erano contente dell’idea. Ma non è l’unica possibilità. Si può anche cercare distinguere le due ordinazioni. Sotto Benedetto XVI è stato modificato un articolo del Diritto canonico: le prerogative del diacono, anche uomo, vengono distinte da quelle del presbitero e del vescovo. Un passo, in fondo, è già stato fatto».

Se un passo è stato fatto, perché non il secondo o il terzo? In realtà, Benedetto XVI aveva semplicemente chiarito che il carattere ricevuto dal diacono al momento della sua ordinazione non lo abilita ad agire nella persona di Cristo Capo, come il Vescovo e il Presbitero, ma in quella di Cristo Servo. Kasper, invece, sembra interpretare questa distinzione come una porta aperta verso le diaconesse, manifestando un chiaro intendimento di equiparare di fatto il diaconato maschile a quello femminile. E quello che conta, per confondere incisivamente le idee alle persone, è proprio la modifica della prassi.

Al netto di tutte queste considerazioni, i cardinali Ravasi e Kasper sembrano andare già oltre gli studi che un’eventuale commissione potrebbe fare, portando verso una conclusione che nella sostanza va ben al di là di quelle che emergono essere le funzioni delle diaconesse dei primi secoli.  In tutto ciò emerge, purtroppo, una incomprensione di fondo del ruolo della donna nella Chiesa, e una rottura rispetto a quello che i testi sacri e la tradizione della Chiesa ci consegnano a riguardo.