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la lettera

Da Parolin quattro parole sulla liturgia (a nome del Papa)

Coralità, silenzio, cura del canto sacro e ministerialità nel messaggio del segretario di Stato vaticano per la Settimana Liturgica Nazionale.

Borgo Pio 27_08_2024
IMAGOECONOMICA - SARA MINELLI

Scrive a nome del Papa il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin rivolgendosi al presidente del Centro Azione Liturgica (CAL), mons. Claudio Maniago, per il consueto messaggio in occasione della Settimana Liturgica Nazionale che si svolge a Modena da oggi al 29 agosto sul tema Nella liturgia la vera preghiera della Chiesa. Popolo di Dio e ars celebrandi. “Il frutto di labbra che confessano il suo nome” (Eb 13,15).

Parolin cita Romano Guardini, per il quale la liturgia «introduce l’intera ampiezza della verità nella preghiera; anzi essa è null’altro che il dogma pregato, la verità rivissuta pregando». Parole che, sottolinea il porporato, «ribadiscono l’evidenza della dimensione oggettiva della liturgia, che "chiede di essere celebrata con fervore, perché la grazia effusa nel rito non vada dispersa, ma raggiunga il vissuto di ciascuno" (Francesco, Catechesi del 3 febbraio 2021)».

Quindi il cardinale si fa latore di quattro «priorità concrete» che «il Santo Padre desidera consegnarvi». Prima delle quali è «riscoprire la coralità della preghiera liturgica, attraverso la quale, unendoci alla lingua materna della Chiesa, diventiamo un solo corpo e una sola voce», al riguardo ricorda che se ne può fare esperienza in modo particolare nella «liturgia delle Ore, che ancora merita impegno perché diventi effettivamente preghiera del popolo di Dio. La seconda è «il rapporto con il canto sacro. La musica nella liturgia non è un elemento ornamentale, ma ne è parte integrante e necessaria, contribuisce insieme agli altri linguaggi di cui si compone la liturgia all’epifania del mistero celebrato». Terzo, il silenzio: «Il Papa, pertanto, chiede di contrastare la frenesia, i rumori e le chiacchere che ci insidiano nella vita di ogni giorno valorizzando il sacro silenzio, gesto eloquente, tempo favorevole e spazio fecondo per rimanere nell’amore del Signore, coltivare uno sguardo contemplativo». Infine la «ministerialità liturgica», nell'ottica della Pentecoste «e non in una prospettiva funzionale», evitando «personalismi e manie di protagonismo».