Da abuso a indulto a “diritto”, la parabola della Comunione sulla mano
L’introduzione della Comunione sulla mano è avvenuta attraverso una strategia rivoluzionaria, per cui l’abuso è presto divenuto uso. Tuttora questa pratica è un indulto, a differenza della Comunione sulla lingua, unica forma raccomandata dall’insegnamento della Chiesa. Il compito dei laici.

I rivoluzionari di qualsivoglia corrente ideologica amano sovvertire gli ordinamenti sociali, morali e religiosi servendosi dei canali ufficiali e istituzionali: non c’è nulla di più rassicurante agli occhi del popolo che mostrare le più pericolose idiozie sotto il velo della legittimità: è sufficiente sciogliere le briglie di qualche immancabile gruppo anarchico e contestatore, opportunamente diretto, di fronte al quale si esercita una simpatetica e compiaciuta tolleranza, per poi, dopo congruo periodo di tempo, approfittare del disordine per proporre “ragionevoli” soluzioni di compromesso, che inevitabilmente spostano i paletti non tanto del consentito, ma della percezione di ciò che è giusto e vero. Indispensabile per condurre l’operazione rivoluzionaria “a buon fine” è la propaganda, la quale, per raggiungere il suo scopo, non deve mai apparire come tale. Essa allora si riveste di solito di scientificità, si riempie la bocca di libertà, e si presenta come la difesa indispensabile dell’“uomo nero”, creato ad hoc.
La modalità con cui è stata introdotta la Comunione sulla mano nella Chiesa cattolica ha molto a che vedere con la strategia rivoluzionaria. Né il Concilio Vaticano II, né il Consilium, incaricato di implementare la riforma liturgica, avevano infatti previsto una modifica della modalità di distribuire la Santa Comunione ai fedeli; quest’ultimo, al contrario, aveva espressamente mostrato forti perplessità al riguardo e aveva frenato gli entusiasmi. Ma già in alcune diocesi esistevano, coccolati dai loro pastori, gruppi che si comunicavano con la mano e che, di fronte ad un divieto della Santa Sede, minacciavano persino di rompere la comunione con la Chiesa cattolica. Di fronte alla rischiosa “intimidazione”, il principio guida è stato il seguente: meglio che un abuso venga inglobato nella Chiesa, così da poter essere controllato, piuttosto che lasciarlo ai margini, con il rischio di più pericolose derive anarchiche. In pratica, l’abuso divenne uso.
Questa strategia, com’era prevedibile, non solo non produsse affatto l’effetto di contenimento, ma contribuì ad espandere ovunque il nuovo uso; al punto che sempre più numerose conferenze episcopali, nelle quali mai si era manifestato l’abuso, giunsero a domandare di poter ottenere l’indulto. Indulto che venne concesso, nonostante l’istruzione Memoriale Domini ne prevedesse l’applicazione solo in quei luoghi ove «fosse stato già introdotto l'uso contrario» e non in tutta la Chiesa in modo indiscriminato. Nel frattempo, la martellante propaganda spacciava la Comunione sulla mano come il provvidenziale recupero di un’antica tradizione e silenziava le vivaci segnalazioni preoccupate del progressivo affievolimento del rispetto e dell’adorazione della santa Eucaristia provocato da questa novità.
Lo scenario, rispetto agli anni Settanta e Ottanta, non è cambiato. L’esempio di papa Benedetto XVI, che distribuiva la Comunione sulla lingua dei fedeli inginocchiati, aveva contribuito ad un progressivo e significativo ritorno a quella che è tutt’oggi l’unica forma universale, che nessuna autorità che non sia quella suprema può abolire. «Questo modo di distribuire la Comunione […] si deve senz’altro conservare», insegna la Memoriale Domini. La Comunione sulla mano è infatti un indulto, ossia un’estinzione generale di una pena, che le conferenze episcopali possono adottare e ogni Ordinario è libero di applicare o non applicare nel proprio territorio di competenza, prevedendo anche eventuali restrizioni all’indulto. La Comunione sulla lingua è pertanto raccomandata, mentre quella sulla mano è semplicemente concessa.
Con l’avvento della pandemia da Covid-19, nuove indicazioni degli Ordinari hanno obbligato i fedeli a ricevere la Comunione sulla mano, e da allora quest’ultimo modo è divenuto quello più diffuso, quando non addirittura unico, disattendendo così, nel silenzio quasi totale di vescovi e sacerdoti, l’insegnamento della Chiesa, che continua invece a raccomandare la Comunione sulla lingua. Siamo perfino giunti al paradosso di pastori che rifiutano la Comunione a quei fedeli che desiderano riceverla sulla lingua e in ginocchio: i pastori della Chiesa negano quanto la Chiesa raccomanda e impongono quanto la Chiesa semplicemente concede come indulto. Il diritto liturgico universale (cf. Memoriale Domini, Institutio generalis del Messale Romano, 161, Redemptionis Sacramentum, 92), infatti, prevede che i fedeli abbiano sempre il diritto di ricevere la Comunione sulla lingua. La potestà legislativa dei vescovi ordinari come singoli o riuniti nelle rispettive conferenze episcopali ha dei confini stabiliti dal diritto, il quale dispone che «da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore» (can. 135 § 2 CIC). I vescovi pertanto non possono contravvenire alla norma universale.
Questi abusi di autorità sono avvenuti e continuano ad accadere nella completa indifferenza del Dicastero romano di competenza, il quale non solo non interviene in modo deciso per rimettere ordine secondo giustizia e verità, ma era persino divenuto un fattore attivo di confusione, allorché, durante la pandemia, aveva emesso un Responsum (2020) diametralmente opposto a come la medesima Congregazione si era espressa anni prima, sempre in riferimento ad una pandemia (2009): lo stesso Dicastero prima negava e poi ammetteva che, in caso di pandemia, i fedeli potessero essere obbligati a ricevere la Comunione sulla mano. Una contraddizione gravissima, che lascia i fedeli in balìa dei sentimenti e delle libere interpretazioni delle autorità.
Il laicato, data la sua maggiore libertà d’azione (leggi: minore ricattabilità), ha un compito particolare: far ritornare la Comunione sulla lingua maggioritaria nella Chiesa. Anzitutto, stabilendosi con fermezza nella modalità raccomandata dalla Chiesa, senza lasciarsi trascinare dalle mode o farsi intimidire da minacce e commenti. Nessuna ostentazione, nessun senso di superiorità, nessun giudizio sulle persone che scelgono l’indulto, ma la ferma consapevolezza della posta in gioco. E poi il prezioso apostolato dell’informazione; per questo, La Nuova Bussola Quotidiana ha deciso di avviare la preparazione di un libro agile ed economico, con gli articoli fin qui pubblicati sull’argomento, opportunamente rivisti e integrati, in modo da mettere in mano alle persone argomenti che possano – è il nostro desiderio – suscitare la riflessione e confermare nella verità.
Di fronte al rifiuto di sacerdoti o vescovi di dare la Comunione sulla lingua, bisogna rimanere sulla breccia, nella consapevolezza che, se manca chi lotta, tutte le cose più belle e sacre presto o tardi possono sparire dalla vita della Chiesa. E la forma più importante della lotta è continuare a presentarsi ai ministri per ricevere la Comunione sulla lingua, senza contestazioni o scenate particolari, ma rimanendo fermi, nella consapevolezza che il diritto della Chiesa ci difende. Bisogna portare il giogo con pazienza, senza preoccuparsi troppo delle umiliazioni, sapendo che è il Signore a chiederci di soffrire qualcosa per Lui, nella sua presenza eucaristica.
I bambini morti senza battesimo
La sorte eterna dei bambini morti senza battesimo è una questione ampiamente dibattuta, su cui non c’è un insegnamento definitivo della Chiesa. Dalla dottrina sul Limbo alla nota della Commissione Teologica Internazionale (2007). La certezza: bisogna battezzare i bambini il prima possibile.
Il contesto storico in cui fu introdotta la Comunione sulla mano
Negli anni Sessanta in alcuni Paesi europei iniziò a diffondersi la pratica della Comunione sulla mano, in aperta rottura con l’unica prassi ammessa per i riti latini e nonostante la contrarietà di Paolo VI. Il caso del Nuovo Catechismo Olandese, la concezione errata dell’Eucaristia e i molti abbandoni del sacerdozio.
Comunione sulla mano: una disobbedienza legittimata
Di Comunione sulla mano non si parla né al Concilio né nella riforma liturgica. Si radica nel post-Concilio ad opera di diocesi ribelli del Nord Europa. Paolo VI cercò di arginarla con l’istruzione Memoriale Domini, che nasce per proibirla e concedere un indulto solamente alle diocesi ribelli nel caso in cui non fossero riuscite ad arginare l’abuso. Nel primo anniversario della sua morte, la Bussola ricorda Juan Rodolfo Laise, il vescovo che scrisse la verità sulla Comunione in mano e si oppose nella sua diocesi a questa pratica contraria alla legge universale della Chiesa.