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IL LIBRO DI LORENZETTO

«Così sono stato conquistato da Gandolfini»

Per capire il movimento di popolo, che il 30 gennaio scorso è giunto da ogni angolo del Paese per riempire il Circo Massimo a Roma, bisogna conoscere Massimo Gandolfini. È partito da questo assunto il giornalista Stefano Lorenzetto per scrivere L’Italia del Family day, il saggio intervista con il neurochirurgo di Brescia. Ne parliamo con Lorenzetto.

Famiglia 02_09_2016
La copertina del libro di Stefano Lorenzetto

Per capire il movimento di popolo, che, a proprie spese, il 30 gennaio scorso è giunto da ogni angolo del Paese per riempire il Circo Massimo a Roma, bisogna conoscere Massimo Gandolfini. È partito da questo assunto il giornalista Stefano Lorenzetto per scrivere L’Italia del Family day, il saggio intervista con il neurochirurgo di Brescia, edito da Marsilio e in libreria dal 1 settembre.

L’Italia delle famiglie senza vescovi pilota, che sono giunte nella capitale con ogni mezzo per ribadire il diritto di un bambino ad avere un padre e una madre e il valore della famiglia quale cellula fondamentale della società, viene nobilitata da un uomo e dal suo straordinario percorso umano e politico. Lorenzetto presenta un personaggio che, per i più distratti, sembra essersi stagliato improvvisamente sulla scena sociale italiana facendo tremare Renzi e il suo governo. In realtà, nel libro emerge una storia, sconosciuta ai più, che parla per Gandolfini e lo pone sotto la luce del predestinato che vanta perfino fra i suoi antenati un eroe risorgimentale come don Enrico Tazzoli, il più noto dei cinque martiri di Belfiore giustiziati dal esercito asburgico.

È nelle mani di questa figura mansueta ma decisa, dall’aspetto quasi francescano, che si è messa l’Italia che si oppone alla deriva etica. Solo di lui si fida, ed è pronta seguirlo anche nella nuova sfida della campagna delle “Famiglie per il No” al prossimo referendum costituzionale; ovvero quello che rappresenta l’ultimo fronte per fermare la deriva antropologica portata avanti da un esecutivo che, con un Parlamento riformato, potrà far approvare le adozioni per coppie dello stesso sesso, l’eutanasia e la liberalizzazione del consumo di droga.Ma per presentare gli otto capitoli che ricostruiscono il privato e il pensiero pubblico di Massimo Gandolfini, la Nuova Bq ha intervistato l’autore Stefano Lorenzetto.

Lorenzetto anzi tutto cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?

Molto semplice la demonizzazione dell’uomo Gandolfini che poi ho scoperto essere l’esatto contrario di come lo fanno passare. Io ho passato la mia vita a spiegare e raccontare ai miei lettori quello che succede, quindi non potevo accontentarmi delle descrizioni che venivano fatte dal mainstream della comunicazione. Io mi sono proprio detto ma questo qui chi cavolo è? Da dove è saltato fuori? Inizialmente volevo solo intervistarlo per Panorama poi sono andato a trovarlo e ho capito che ne usciva fuori un libro.

A quel punto che Gandolfini ha scoperto?

Quest’uomo che passa per retrogrado, omofobo, reazionario e oscurantista ha passato la prima parte della sua vita a militare con i Cristiani per il Socialismo e da giovane ha rischiato di diventare un terrorista arruolato nelle Brigate rosse o in Prima linea; professava la teologia della liberazione e  ha votato a favore del divorzio nel referendum del 1974. Allora mi sono detto che questo era un percorso di vita che andava raccontato. Senza contare poi che nelle sue vene scorre il sangue di un eroe risorgimentale, don Enrico Tozzoli, prete ispiratore del comitato insurrezionale anti-austrico, impiccato sugli spalti del Belfiore. La lettera di don Tozzoli al nipote Enrichetto due giorni prima di essere impiccato è la magna carta di quello in cui crede Gandolfini, “parole dettate dal cuore e sacre perché pronunciate sull’orlo del sepolcro”. Lì ho capito che Gandolfini è quello che è perché ce l’ha nel sangue…perché il sangue non è acqua. Non a caso il papà di Massimo, Ugo Foscolo Gandolfini, è al fianco di Alcide De Gasperi nella fondazione della Democrazia Cristiana, tant’è che sarà sindaco per vent’anni di due comuni della provincia di Brescia. Per cui Massimo ha nelle vene anche la vis oratoria che incanta. Qualche giorno fa ero con Gandolfini a Bisceglie per la presentazione del libro e la fotografa che era lì con me mi ha chiesto: “Ma questo è Ghandi?”. Insomma Gandolfini promana una luce particolare. Quando l’ho conosciuto ho avuto la sensazione di incontrare il nuovo De Gasperi anche se lui nega di voler entrare in politica.

Insomma, è partito per intervistarlo ed è diventato suo seguace?

Dopo averlo conosciuto, ho distillato per lui una frase di Alexis Carrel, biologo francese convertito a Lourdes, che è messa all’inizio del libro: “Quando incontriamo una delle rare persone che ispirano la loro condotta a un ideale non possiamo fare a meno di notarla, la bellezza morale è un fenomeno straordinario e impressionate: non si dimentica più. La bellezza morale è la base della civiltà molto più della scienza, dell’arte, dei riti religiosi”. Questo qui è Gandolfini, ti conquista all’istante, ha un carisma particolare. Non mi meraviglia, infatti, che sia uno dei leader del movimento neocatecumenale, vedi in lui l’azione delle Spirito. Parliamo di uno che regala la corona del rosario a Marco Pannella, corona che poi sarà messa nelle mani del leader radicale al suo funerale.

 Emerge una figura ignota al grande pubblico….

Uno che viene fatto passare per reazionario, in realtà è un rivoluzionario, solo che è una rivoluzione al servizio di Dio. É uno nato per scardinare il mondo, dire le cose scomode. Lui si converte il 14 maggio del 1977 perché a Milano durante una manifestazione vede uccidere un poliziotto di 25 anni; lui era lì, vede il sangue che scorre, e pensa questa non è la rivoluzione è l’inferno. Questa non può essere la mia vita. Insieme alla moglie regala tutto quello che ha agli istituti di San Vincenzo De Paoli. Sono due visionari, due eroi. Parliamo di uno che parte e prende un figlio sulle Ande, un altro lo prende nelle favelas e lo salva. La moglie assisterà uno dei sette figli adottati, l’ultima, la ragazza, Samantha, che ha subito decine di interventi chirurgici. Tu prova a passare mesi e mesi all’ospedale affianco di un bambino… ci vuole forza che sposta le montagne!

Qual è l’obiettivo di questo libro, sempre che ne abbia uno? Presentare un’Italia che nessuno vuole raccontare ma che è largamente diffusa, forse maggioritaria?

L’obbiettivo è raccontare la deriva etica dell’Italia, io sono arrivato a Gandolfini per sbaglio, perché questo libro lo volevo fare con un famoso pensatore cattolico, partendo dal fatto che tutte le idee in cui la gente per bene crede sono state rottamate. Ma soprattutto non c’è nessuno che dice più queste cose. C’è una frase dei Promessi Sposi che riassume bene questa situazione: «il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune». È perfetta, questa è una profezia. Insomma le cose che dice Gandolfini sono scomode, ma vere. Lui ha coraggio di dire guardate che comprare i figli al supermercato è male, i figli nascono da un uomo e da donna…il resto è impostura, è mercato, è schiavitù. É una verità scomoda ma va detta.

Quindi Gandolfini è lo specchio migliore dell’Italia che dice queste cose?

Tu non puoi capire le idee di queste mamme e papà per bene che sono andati a Roma se non capisci quello che dice Gandolfini.  Massimo Gandolfini dice cose semplici: i figli non si rubano alle madri. Ma ci rendiamo conto che la regione Toscana tutela i cuccioli di cane prima dello svezzamento. Vai a chiedere a Niki Vendola e al compagno quando hanno preso il bambino ottenuto da una donna canadese. E questo lo chiamano amore? L’antidoto  alla ubriacatura generale è Gandolfini. A Modena facevano la minestraccia dopo le sbornie. Ecco Gandolfini è la minestraccia del popolo italiano sbronzo. Ubriacato dal vino versato a litri dai personaggi della politica, della moda e dello spettacolo.

Due piazze riempite nel giro di otto mesi da milioni di persone, di questi tempi nessun partito occidentale saprebbe fare tanto, eppure molti colleghi giornalisti non hanno colto la portata di questo evento, alcuni in maniera strumentale hanno parlato perfino di un “flop”. Lei è voluto andare contro corrente?

Il senso comune è molto più comodo. Se io dico che ha vinto l’amore tutti mi battono le mani, è tutto più semplice. L’altra sera il mio barbiere mi ha raccontato che ha perso un cliente per aver osato dire la sua sulle unioni civili. Allora, lo vedi che è scomodo? Se si dice viva i diritti per gli Lgbt, ti battono le mani. Ma non si può rinunciare alle tue idee per quelle delle altri. Gandolfini ha fatto un bellissimo esempio: io sono medico ho dovere di dire a una persona che quella cura che si è auto-prescritto gli farà male. Il mio dovere è avvertirvi.

Sta incontrando difficoltà o boicottaggi nella promozione del suo lavoro?

Alcuni librai hanno detto chiaramente che questo libro non lo vogliono nemmeno vedere. Io comunque proseguo con un fitto calendario di presentazioni. Vediamo cosa succederà il 10 settembre a Firenze, l’ultima volta che Gandolfini ha parlato nel capoluogo toscano è stato scortato da due ali di poliziotti.

Nella quarta di copertina del suo libro ci sono alcuni interrogativi sul futuro del movimento pro-family italiano. Lei offre una risposta riguardo alla possibile evoluzione dell’impegno del Comitato che ha dato vita al Family day?

Io ho chiesto a Gandolfini  perché non fa un partito politico.  Lui mi ha risposto che non è un leader politico e che ha una  famiglia che lo impegna, un lavoro e dei malati da seguire. Allora io ho insistito: poniamo che la chiamasse il Papa e glielo chiedesse lui in persona? “Al Papa risponderei di sì” è stata la risposta di Gandolfini. Ma lui un partito ce l’ha già, 500mila persone che guardano a lui come un faro sono un partito grosso. Ma purtroppo un partito fondato solo sulla morale e sull’etica non ha seguito.

A proposito del Papa, nel suo libro si parla dell’incontro tra Gandolfini e Bergoglio? 

Viene descritto per filo e per segno. Dopo il Family day, Gandolfini va in piazza San Pietro e si aspetta che il Papa saluti le famiglie che hanno animato la manifestazione e questo purtroppo non avviene. Il leader del Family day racconta che in quell’occasione gli sono scesi due lacrimoni sul viso. Oltre due mesi dopo avviene un mezzo miracolo: il Papa lo vuole  vedere il 29 aprile, giorno di Santa Caterina. In quell’occasione Gandolfini chiede esplicitamente al Santo Padre cosa deve fare, se deve andare avanti, se ha sbagliato tutto. Lì si chiariscono e il Papa ribadisce che il gender è una rovina per l’umanità e dice a Gandolfini di andare avanti.

Nel suo saggio emerge qualcosa anche rispetto al rapporto tra il movimento pro-family e le gerarchie ecclesiastiche?

C’è tutta una dettaglia descrizione di come Gandolfini si è mosso, tra presuli che lo incoraggiavano e chi gli chiedeva: ma chi te lo ha fatto fare? Gandolfini fa nomi e cognomi. In particolare, dice di aver ricevuto sostegno dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna; il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma; il cardinale Gualtiero Bassetti, vicepresidente della Cei, arcivescovo di Perugia e Citta della Pieve; il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona e Osimo; monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara e Comacchio; monsignor Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste; monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia e Guastalla; monsignor Lino Pizzi, vescovo di Forli; monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale e molti altri ancora. Gandolfini, però, racconta anche di aver trovato più audience tra i mussulmani che lo chiamano a parlare. Basta dire che questa estate uno dei membri del Comitato difendiamo i nostri figli, l’avvocato Pillon, si è trovato contro un sacerdote durate un serata in piazza di dibattito sulle unioni civili in una nota località turistica dell’Appennino. Alla serata era presente anche Vladimir Luxuria e Franco Grillini. Erano tutti contro di lui.

 Secondo lei ci sarà lo spazio per un altro libro e quindi per un altro Family day?

La battaglia è solo all’inizio. Io spero che Gandolfini sia l’antidoto e la gente inizi a riflettere. La faccenda di sicuro non si chiude qui.