Con padre Martin la lobby gay cerca di arruolare il Papa
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Un'udienza permette al gesuita americano promotore dell'agenda Lgbtq nella Chiesa di dire che Leone XIV avrà sul tema lo stesso approccio di Francesco. Un tentativo di blindare il Papa su queste tematiche.
- Trappole arcobaleno, la comunicazione vaticana dorme, di Nico Spuntoni

Padre James Martin, il gesuita promotore dell’agenda Lgbtq nella Chiesa, canta vittoria: il 1° settembre è stato ricevuto in udienza da papa Leone XIV e avrebbe ricevuto piena approvazione del suo ministero: «Sono estremamente grato e profondamente confortato dall’incontro con il Santo Padre – ha dichiarato padre Martin alla stampa -. Egli mi ha incoraggiato a continuare il mio ministero». E ha aggiunto: «Papa Leone ha la stessa apertura di papa Francesco sulle questioni Lgbtq. Ha chiarito che vuole che ognuno si senta benvenuto».
Padre Martin era a Roma con il pellegrinaggio giubilare di Outreach, l’organizzazione Lgbtq cattolica che lui stesso ha fondato tre anni fa in collaborazione con America, la rivista dei gesuiti americani di cui padre Martin è editorialista. Sul sito di Outreach, padre Martin ha aggiunto altri dettagli (l’udienza è durata 30 minuti in un clima molto gioioso e rilassato) e considerazioni, ma il messaggio che intende mandare è questo: «Il messaggio che ho ricevuto da lui [il Papa, ndr], forte e chiaro, è stato che egli vuole continuare con lo stesso approccio di papa Francesco, che è stato di apertura e accoglienza».
Poi però va avanti e, malgrado i toni trionfalistici iniziali e quelli riservati alla stampa internazionale, ai suoi seguaci spiega che in realtà il Papa ha altre priorità, come «i processi di pace in Ucraina, Gaza e Myanmar», quindi non c’è da preoccuparsi se non interverrà molto sui temi Lgbtq, basti sapere che questi gli sono ben presenti. Forse qui si tratta di una scusa preventiva, visto che il pellegrinaggio a Roma dei gruppi Lgbt il 6 settembre non prevede un’udienza con il Papa; fatto sta che questa precisazione già introduce comunque una differenza con il predecessore.
Ad ogni modo noi non sappiamo esattamente cosa si siano detti Leone XIV e padre Martin e se quest’ultimo abbia sintetizzato correttamente il succo delle parole del Papa. Però è importante notare come le “vedove di Bergoglio” stiano cercando di blindare questo pontificato, oltretutto perpetuando il malcostume di dichiarare al mondo (a proprio uso e consumo) quello che il Papa avrebbe detto in un colloquio privato.
Fin dalla elezione di Leone XIV – e anche prima - in certi ambienti c’è stata una evidente preoccupazione di mantenere le posizioni conquistate con il pontificato di Francesco. E così si è provveduto immediatamente a fare dichiarazioni e interviste al grido di «Indietro non si torna». Al centro dell’attenzione è la sinodalità, che nell’accezione avuta durante il pontificato di Francesco, è stato lo strumento per sovvertire la dottrina e far passare di tutto nella Chiesa.
Addirittura con papa Francesco morente il segretario generale del Sinodo, il cardinale Mario Grech, si è preoccupato di impegnare la Chiesa per i prossimi tre anni nella fase attuativa del Sinodo sulla sinodalità che culminerà in una Assemblea ecclesiale nell’ottobre 2028. E a pochi giorni dall’elezione del nuovo Papa lo stesso Grech si è precipitato ad affermare che «Leone XIV è un Papa sinodale». All’alba del pontificato ancora più assertivo è stato il cardinale Jean-Claude Hollerich, che Francesco aveva voluto come relatore generale del Sinodo: in una intervista ad Avvenire ( e a chi sennò?) dice chiaramente che la sinodalità non si tocca, e concede a Leone XIV al massimo la possibilità di «qualche aggiustamento».
Padre Martin si mette semplicemente sulla stessa lunghezza d’onda invocando anche lui la sinodalità e i richiami già fatti da Leone XIV a questo tema e cercando di blindare il Pontificato sulla questione Lgbtq. Anche il pellegrinaggio giubilare dei gruppi Lgbtq del prossimo fine settimana viene pubblicizzato proprio per forzare la mano e arruolare il Papa.
Finora dunque non stiamo parlando di fatti e documenti che indicano con chiarezza la direzione che papa Leone XIV intende prendere, ma di oscuri personaggi di potere che hanno prosperato con papa Francesco e pretendono oggi di legare le mani al suo successore.
Finora Leone si è sempre mostrato aperto da una parte e prudente dall’altra, evitando le insidie della comunicazione con cui andava invece a nozze Francesco. Proprio per questo ci si può legittimamente aspettare che sia messo un freno a questo malcostume di udienze private trasformate dagli ospiti del Papa in uno show a proprio beneficio. Nel Pontificato precedente sono passati così giudizi e affermazioni imbarazzanti (dalle interviste di Eugenio Scalfari in poi) che la Sala Stampa si diceva (furbescamente) impossibilitata a confermare o smentire perché si trattava di udienze private. Chiunque fosse ricevuto dal Papa si sentiva in diritto di raccontare il sostegno ricevuto alle proprie idee e iniziative. Generando così dei messaggi che hanno influenzato l’opinione pubblica più di qualsiasi enciclica.
Nella riforma della comunicazione vaticana che tanti invocano si dovrà mettere uno stop a tutto questo: se il Papa intende prendere un’iniziativa o comunicare un giudizio, deve essere lui a dirlo pubblicamente e non affidare parole a improvvisati ventriloqui che si presentano al pubblico con «il Papa mi ha detto che…». E chi pensa di fare avanzare la sua agenda strumentalizzando il Papa deve essere sanzionato.
Un’ultima nota sulla questione dell’accoglienza, ovvero sull’ambiguità di questo termine su cui giocano padre Martin & Co. Lo abbiamo scritto tante volte ma è necessario ripeterlo: l’accoglienza delle persone con tendenze omosessuali è sacrosanta, ma non è di questo che parla padre Martin. Egli non pensa alla persona e al progetto di Dio su di lei come lo insegna il Catechismo della Chiesa cattolica, ma vuole semplicemente la promozione dell’omosessualità nella Chiesa, la realizzazione dell’ideologia Lgbtq, il sovvertimento della dottrina.
Siamo fiduciosi sul fatto che papa Leone XIV lo abbia ben presente.