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Cattolici in politica, dal Papa un forte richiamo alla coerenza

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Una presenza pubblica fondata sulla fede e sulla legge naturale, senza equivoci e compromessi. Nel discorso a una delegazione francese Leone XIV indica che la via verso il bene comune è la Dottrina sociale della Chiesa, non il cedimento a una laicità «fraintesa».

Creato 29_08_2025
Foto Vatican Media/LaPresse 28 agosto 2025

Bisogna riconoscere che c’è molta attesa su come Leone XIV riprende la Dottrina sociale della Chiesa. Non per una vana curiosità, né per saggiarlo su un tema delicato per la Chiesa di oggi date le varie pressioni che essa vive al proprio interno sul suo rapporto con il mondo, ma per il comprensibile desiderio che alla Dottrina sociale sia garantito il posto che le spetta. Da quando egli ha spiegato il significato del suo nome, Leone, questa sana curiosità si è sviluppata, seguendo passo per passo i suoi pronunciamenti. Probabilmente sarà definitivamente soddisfatta in occasione di un qualche pronunciamento magisteriale solenne. Molte voci parlano di una sua prossima enciclica. Anche i suoi discorsi però offrono nel frattempo delle indicazioni molto interessanti.

È successo anche ieri, in occasione di un discorso tenuto da Leone XIV ad una delegazione di rappresentanti politici e personalità civili della valle della Marne, diocesi di Créteil, in Francia. Nonostante lo spazio limitato di un discorso tutto sommato piuttosto breve, i riferimenti alla natura della Dottrina sociale della Chiesa e alcuni punti fondamentali su come anche oggi debba essere intesa dai fedeli cattolici impegnati nella società e nella politica sono stati di notevole rilevanza.

Papa Leone XIV ha prima di tutto sostenuto la necessità della «coerenza» tra la fede e le opere, tra ciò in cui si crede e le azioni che si compiono nel campo della vita pubblica, in altre parole, come si diceva una volta, tra il cristiano e il cittadino, escludendo che ci possa essere qualche frattura o qualche contraddizione: «Non c’è separazione nella personalità di un personaggio pubblico: non c’è da una parte l’uomo politico e dall’altra il cristiano. Ma c’è l’uomo politico che, sotto lo sguardo di Dio e della sua coscienza, vive cristianamente i propri impegni e le proprie responsabilità!».

Il motivo che fonda questa continuità è che un mondo più giusto «non può essere altro che un mondo più impregnato del Vangelo», sicché quanto possiamo fare di meglio, come cristiani, è «volgerci verso Cristo e chiedere il suo aiuto nell’esercizio delle nostre responsabilità». Il battezzato, ha detto il Papa, è animato dalla carità, che è un dono di Dio e una «forza capace di suscitare nuove vie per affrontare i problemi del mondo d’oggi e per rinnovare profondamente dall’interno strutture, organizzazioni sociali, ordinamenti giuridici. In questa prospettiva la carità diventa carità sociale e politica: la carità sociale ci fa amare il bene comune e fa cercare effettivamente il bene di tutte le persone». Per questo motivo, rispondendo alla richiesta dei partecipanti di dare loro qualche consiglio, Leone ha detto: «Il primo — e il solo — che vi darei è di unirvi sempre più a Gesù, di viverne e di testimoniarlo».

Si noti che qui si dice nuovamente che «non c’è soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo», come affermato nella Rerum novarum 134 anni fa. L’espressione con cui Papa Leone parla della Dottrina sociale della Chiesa è molto forte. Egli ha detto ai partecipanti all’incontro: «Siete dunque chiamati a rafforzarvi nella fede, ad approfondire la dottrina — in particolare la dottrina sociale — che Gesù ha insegnato al mondo, e a metterla in pratica nell’esercizio delle vostre funzioni e nella stesura delle leggi». La Dottrina sociale è nientemeno che quella che «Gesù ha insegnato al mondo». Si tratta di una definizione di grande significato e fortemente impegnativa che ne richiama altre date in passato – «annuncio di Cristo» di Giovanni Paolo II, per esempio – andando forse anche oltre.

È d’obbligo osservare che queste parole rifiutano la concezione “francese” di laicità, quella condensata nella famosa legge del 1905, e proprio in un discorso rivolto a cittadini francesi impegnati nella politica: «non è facile in Francia [non solo in Francia ormai, ci viene da precisare], per un eletto, a causa di una laicità a volte fraintesa, agire e decidere in coerenza con la propria fede nell’esercizio di responsabilità pubbliche». La laicità fraintesa è quella che intende staccarsi da Gesù Cristo, rinunciando alla salvezza o pensando di darsela da sé.

Già, perché per Papa Leone «la salvezza che Gesù ha ottenuto con la sua morte e la sua resurrezione racchiude tutte le dimensioni della vita umana, quali la cultura, l’economia e il lavoro, la famiglia e il matrimonio, il rispetto della dignità umana e della vita, la salute, passando per la comunicazione, l’educazione e la politica». Il punto è importante: non solo il Creatore ha a che fare con la politica, ma anche il Salvatore. Ciò significa che Gesù Cristo, come Creatore, ci chiede di seguire la legge naturale, come una lingua che ci indica delle finalità naturali volute da Dio stesso ma non strettamente dipendenti dalla fede bensì accessibili a tutti, e come Salvatore ci chiede di evangelizzare la società, annunciandolo come unica Salvezza. Questo richiede non solo la coerenza personale dei fedeli impegnati nella società e nella politica nel rispetto della morale naturale, ma anche il riconoscimento del ruolo pubblico della Chiesa evangelizzante e santificante.

Nel discorso non si nasconde che i fondamenti della Dottrina sociale «sono sostanzialmente in sintonia con la natura umana, la legge naturale che tutti possono riconoscere, anche i non cristiani, persino i non credenti. Non bisogna quindi temere di proporla e di difenderla con convinzione». Però Leone non si ferma qui e non intende la laicità come il piano della natura pura, che tollera le singole convinzioni dei cristiani ma non la presenza pubblica della religio vera. Che la Dottrina sociale sia «in sintonia» con la legge naturale e la comprenda in sé non significa che essa si riduca alla legge naturale. Né vuol dire che i cristiani in politica debbano testimoniare i valori morali umani e non Cristo stesso. Ciò non solo perché, come dice il Papa, solo dalla fede in Cristo Crocefisso viene «il coraggio di dire a volte "no, non posso!", quando è in gioco la verità». Ma soprattutto perché anche la morale naturale, nella pratica, non sta in piedi da sola senza Cristo salvatore.

In questo importante discorso il Papa ha toccato il principale problema della Chiesa di oggi circa i suoi rapporti con il mondo. Non ha fatto riferimento solo ad una presenza pubblica personale al seguito della propria retta coscienza, cosa che si può fare anche da soli e laicamente, ma ha richiamato la necessità di una presenza pubblica nella Chiesa e della Chiesa, perché la società mira alla giustizia, ma per arrivarci deve essere salvata.



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