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ECONOMIA E MORALE

Caro Severino, la salvezza non viene dalla tecnica

Il filosofo sostiene che l'influenza della Chiesa sia negativa per la politica e per il capitalismo perché perseguono obiettivi diversi. Suggerisce di lasciare la religione fuori e di rendere la politica asservita alla tecnoscienza. Ma è il nichilismo a essere causa della crisi: il problema non sta nella tecnica, ma nella capacità dell'uomo di utilizzarla.

Economia 21_01_2013
Tecnoscienza

Leggo e rispetto il professor Emanuele Severino perché è intelligente, è stimolante e sempre agnosticamente garbato nelle sue considerazioni, e questo lui lo sa. Quel che non sa è che quando critica il cattolicesimo riesce persino a rafforzare i (miei) convincimenti e a confermare la (mia) fede e riconsolidare le (mie) certezze, che magari in quel momento stavano vacillando. 

Così è successo leggendo il suo articolo sul Corriere della Sera (“Buona politica in aiuto della scienza, ricetta per un capitalismo migliore”) di sabato 19 gennaio. Il professor Severino spiega (mi si perdoni l’interpretazione affrettata) che il tipo di benessere perseguito da un governo tecnico non è lo stesso auspicato dalla politica o dalla Chiesa cattolica, date le differenze di interpretazione di cosa è bene e cosa è l’uomo. Questo provoca un  tentativo di condizionamento verso il governo tecnico che genera un risultato ibrido, un mix tra scienza e politica, e religione naturalmente. Ma essendo la politica un'arte e non una scienza, ecco che il governo tecnico usa la scienza per far qualcosa di non scientifico. Poiché per il governo tecnico il benessere è frutto della logica capitalistica, che si serve della politica (di destra o di sinistra) e la governa e si serve della scienza per fare profitto, non provoca  benessere vero, ma solo l’incremento del  capitale. Così cerca di trasformare la scienza in profitto. Il tutto si complica grazie all’intervento della Chiesa cattolica che, secondo Severino, disconosce il profitto a vantaggio del bene comune. La Chiesa perciò cercando di influenzare il capitalismo a vantaggio del bene comune, anziché del profitto, crea una contrapposizione reciprocamente distruttiva tra capitalismo e Chiesa.
 
Questa è la ragione, se non sbaglio, per cui Severino ritiene che capitalismo, politica e Chiesa stessa, siano in crisi. Perché sono in contraddizione nel perseguimento del medesimo fine. Sempre per Severino la soluzione consiste nella scelta della politica di mettersi al servizio della tecnica, ispirata dalla scienza, per produrre vera potenza. Escludendo la religione dalla formula. Anche nel suo interessante ultimo libro “Capitalismo senza futuro”, il prof.Severino esalta la tecnica perché sfugge alla immaturità dell’uomo e perché prescinde dalla morale. La vera morale alla fine, per Severino, è nella tecnica perché permette all’uomo di “vivere in eterno”. Anche la politica dovrebbe fondarsi sulla tecnica, magari con veri governi tecnici. E naturalmente questa tecnica deve esser guidata dal filosofo che assicura appunto una “pax tecnica” con il filosofo gran sacerdote .

Quasi esattamente il contrario di quello che Giovanni Paolo II (nella Sollecitudo rei socialis) e Benedetto XVI (nella Caritas in Veritate) propongono quale riflessione, spiegando che il cattolicesimo non è contro la tecnica, anzi, è contro l’ignoranza nella capacità di utilizzarla. Spiegano infatti che l’uomo di questo secolo è cresciuto molto in capacità tecniche e poco in conoscenza e sapienza, scoprendosi così immaturo per gestire tanta tecnica, che pertanto può sfuggirgli di mano (come sta succedendo). Per tanto tempo la filosofia ha cercato alleanza con la scienza per combattere la religione. Poi la scienza scopre di poter esser cristiana , così ora la filosofia cerca forse un'alleanza con la tecnica?
 
Articolo e libro sono una dimostrazione che lo spirito critico del filosofo si potrebbe avvantaggiare con una sana discussione con un teologo esperto di “economia per l’uomo”, quali sono, ad esempio, monsignor Rino Fisichella o il cardinale Angelo Scola. Molto rapidamente rilevo alcuni punti dove il teologo potrebbe aiutare l’opinione del filosofo. La saggezza porta la Chiesa a considerare il profitto come un mezzo indispensabile di misura dell’efficienza e della competitività; ciò che conta è come questo profitto si crea e a cosa serve. Gli addendi in più nelle formule economiche ben conosciute dalla Chiesa sono “amore e carità”, ma la Chiesa sa bene che la ricchezza da distribuire ai più deboli deve esser prima creata, altrimenti si distribuirebbe povertà. Non si creda che la Chiesa non  conosca l’economia ed il capitalismo. Anzi, si può dire che il capitalismo è stato “inventato” dai cattolici qualche secolo prima della riforma protestante e le prime leggi economiche su domanda e offerta, sull’uso del capitale, sull'interesse e sulla creazione di ricchezza, sono state elaborate nel mondo cattolico da domenicani, francescani e gesuiti (si veda la scuola di Salamanca) cinquecento anni fa.

Queste leggi sono diventate fondamento dell’economia moderna (scuola austriaca), realtà che lo stesso Shumpeter riconosce.  E’ poi evidente che la Chiesa non è affatto convinta che il capitalismo voglia la distruzione della società cristiana né la Chiesa vuole la fine del capitalismo. Ma dove lo ha letto? La Chiesa si preoccupa dell’uso del capitalismo, mezzo, e vuole uomini saggi che lo gestiscano per un fine. Se questo fine è l’uomo, il problema è attribuirgli una dignità specifica. E Severino sa bene che questo è il punto di disaccordo principale. Se i mezzi evocati da Severino, la politica e la scienza, devono esser orientati ad un uomo animale intelligente (frutto del caos o evoluzione di un bacillo) da soddisfare solo materialmente, il risultato è evidente, ed un filosofo della sua grandezza certamente può riconoscerlo. Questa valutazione  “animalistica” dell’uomo (unitamente a dottrine nichilistiche e ad errori socioeconomici incredibili quali il malthusianesimo) ha comportato lo sviluppo economico consumistico (e a debito) negli ultimi trent’anni che ha portato alla crisi attuale. Ciò deve portare a riconoscere che quando la tecno-scienza (senza un “fine” vero) influenza  le scelte economiche, influenza lo stesso comportamento del capitalismo e  può comportare disastri. E Papa Giovanni Paolo II lo aveva ben profetizzato nell’Enciclica Sollicitudo rei socialis , quando spiega che la tecnica può sfuggire di mano all’uomo immaturo e non cosciente. E’ l’uomo pertanto che va ricostruito, piuttosto che strumenti scientifici o tecnici. Questi possono pure esser migliorati, ma se l’uomo non cambia userà male anche i nuovi strumenti.
 
Quando poi Severino lascia capire che la Chiesa cerca di influenzare la politica o la scienza, viene da pensare: magari lo facesse, opportunamente e con mezzi a lei adeguati, per obiettivi santi. L'impressione è invece che spesso sia la Chiesa il soggetto che si cerca di influenzare dall’esterno per farle dare imprimatur politici o scientifici. Per fortuna abbiamo avuto santi Papi e oggi un Santo Padre come Benedetto XVI. Sono certo che se il mondo avesse saputo ascoltare il magistero di grandi Papi  che hanno scritto encicliche tanto osannate ma poco comprese (come la Humanae Vitae e la Populorum Progressio di Paolo VI, la Centesimus annus e la Sollicitudo Rei Socialis di Giovanni Paolo II, e la Caritas in Veritate di Benedetto XVI), questa crisi non ci sarebbe stata, e se ci fosse stata sarebbe persino già stata risolta.
 
Nella Caritas in Veritate, primo capitolo, evocando due encicliche di Paolo VI (Humanae Vitae e Populorum Progressio), il Pontefice dà una spiegazione esemplare di cosa deve essere progresso, economia, capitalismo, profitto. Ma nella introduzione all’Enciclica fa ancora di più: una lezione sui fini e su come si raggiungono o meno, fa una lezione di filosofia sul nichilismo dominante, spiegando che il nichilismo produce la mancanza di valori che confondono i fini e rendono i mezzi improduttivi. La salvezza non è nella filosofia e la potenza non è nella tecnica, caro e stimato professor Severino. Grazie a Dio.