Altro che pace, i pro-Pal fanno la guerra al governo Meloni
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I gravi incidenti di ieri a Milano e in altre città, durante le manifestazioni per Gaza, dicono chiaramente che c'è una strategia del caos che usa le tensioni internazionali per destabilizzare il quadro politico nazionale e sovvertire la volontà popolare.

Pochi lo ricordano, ma nel novembre 2024 il segretario della Cgil Maurizio Landini inneggiava alla rivolta sociale. Le manifestazioni violente di ieri a Milano, Roma e altre città d’Italia, sebbene promosse dai sindacati di base, hanno quella radice culturale: un sindacato che, al di là delle diverse sigle, punta a sovvertire l’ordine democratico fomentando l’odio e mobilitando le piazze. Ieri l’acme di questa escalation verbale: cortei ufficialmente organizzati per condannare i crimini di Gaza e le scelte del governo israeliano di Netanyahu che si trasformano in cortei contro il governo italiano.
Le scene di guerriglia urbana di ieri a Milano hanno pochi precedenti nella storia del capoluogo lombardo. Un gruppo di manifestanti ha tentato di forzare l’ingresso della stazione Centrale. Gli agenti di polizia in assetto antisommossa hanno risposto con cariche di alleggerimento e numerosi lanci di lacrimogeni, nel tentativo di contenere l’assalto. I manifestanti hanno reagito lanciando oggetti, bottiglie, taniche, cestini, parti di impalcature e persino biciclette. Sono stati distrutti vetri e arredi urbani, mentre l’accesso alla stazione è stato chiuso per motivi di sicurezza. I violenti hanno costruito barricate improvvisate in via Vittor Pisani, bloccando il traffico e costringendo i commercianti ad abbassare le saracinesche.
Quattro camionette della polizia sono state fermate dai blocchi, mentre continuava il fitto lancio di oggetti. In totale, si contano almeno dieci fermati e sessanta agenti feriti solo a Milano. L’epicentro delle tensioni è stato il tentativo di accedere alla stazione da parte di giovani incappucciati, molti dei quali con abbigliamento nero, che hanno tentato l’ingresso anche dalla metropolitana, venendo respinti sulle scale mobili con l’uso dei manganelli.
Le dichiarazioni delle autorità locali e nazionali non si sono fatte attendere. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha condannato duramente gli atti vandalici, sottolineando come fino ad oggi le manifestazioni pro Palestina in città si fossero svolte pacificamente e che i fatti odierni non trovano giustificazione né aiutano la causa di Gaza. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato di immagini “indegne”, sottolineando che la violenza vista a Milano non ha nulla a che fare con la solidarietà internazionale e finisce per danneggiare i cittadini italiani. Ha chiesto parole chiare di condanna da parte di tutti gli organizzatori dello sciopero. Il vicepremier Matteo Salvini ha definito le scene “impressionanti”, criticando duramente quelli che ha chiamato “pacifisti di sinistra” e denunciando l’assalto alle stazioni, i sassi sui binari e i danni ai lavoratori bloccati.
Anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha parlato di “teppisti” che danneggiano i buoni propositi di chi manifesta in modo pacifico, sottolineando che la causa palestinese non si aiuta seminando il panico. Il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha espresso solidarietà ai cittadini, alle forze dell’ordine e alla premier Meloni, condannando ogni forma di vandalismo e violenza.
Sulla stessa linea il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, che ha ribadito che «la violenza non può essere una forma di comunicazione» e ha definito inaccettabile quanto accaduto.
Ma Milano non è stata l’unica città teatro di tensioni. A Bologna, dopo un corteo molto partecipato, alcuni manifestanti hanno invaso la tangenziale e l’autostrada A14, bloccando la circolazione. Otto persone sono state fermate. Si sono registrati scontri, lancio di oggetti e lacrimogeni, con la manifestazione che si è dispersa in vari punti della città, lasciando dietro di sé cassonetti rovesciati e barricate.
A Roma, il corteo partito da Piazza dei Cinquecento ha raggiunto Porta Maggiore, occupando la Tangenziale Est. Sebbene l’occupazione della strada fosse stata eccezionalmente preannunciata alla Questura, si sono comunque verificati disagi alla viabilità, con l’invasione della carreggiata opposta da parte di alcuni manifestanti. Anche a Napoli, Genova, Livorno e Bari si sono svolte manifestazioni con migliaia di partecipanti.
In molte città, le proteste hanno coinvolto studenti, docenti, lavoratori dei trasporti pubblici e del settore scolastico, con cortei aperti dai rappresentanti sindacali e striscioni contro la guerra e la fornitura di armi a Israele. Slogan ricorrenti come “Blocchiamo tutto” e “Non un chiodo per Israele” hanno fatto da filo conduttore a una giornata nata come mobilitazione pacifica ma degenerata in più punti del Paese.
Resta aperta la questione dei danni provocati, in particolare alla stazione Centrale di Milano, dove la vetrata principale è stata infranta, alcune strutture divelte e l’ingresso devastato. Al momento non è chiaro chi dovrà farsi carico dei costi di ripristino, ma il Comune e le autorità ferroviarie stanno già facendo le prime stime. Rimane alta la tensione tra le forze dell’ordine e i manifestanti, con un bilancio finale di numerosi feriti e una ferita ancora aperta nel dibattito pubblico tra diritto alla protesta e gestione dell’ordine pubblico.
I disordini di ieri sollevano interrogativi profondi sulla natura delle manifestazioni, sui rischi di infiltrazioni violente e sulle possibili derive eversive. Le forze dell’ordine continuano a monitorare la situazione per prevenire ulteriori disordini nei prossimi giorni, mentre resta da chiarire se e in quale misura le frange più radicali stiano tentando di strumentalizzare una protesta sociale e internazionale per finalità che nulla hanno a che fare con la pace.
C’è sicuramente una regia, una strategia del caos che usa le tensioni internazionali per destabilizzare il quadro politico nazionale e sovvertire la volontà popolare che tre anni fa si è espressa chiaramente in favore del centrodestra. La democrazia è rispetto della volontà della maggioranza. Tutto il resto è illegalità.
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