Africa, Chiesa sotto attacco. Fra banditi e jihadisti, non c'è pace
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Terrorismo islamico, gruppi armati, bande criminali, violenza comune, violenza interetnica minacciano i religiosi e i fedeli. L'inizio del mese di giugno è già molto sanguinoso in Uganda, Kenya e soprattutto in Nigeria.

Terrorismo islamico, gruppi armati, bande criminali, violenza comune, violenza interetnica. L’inasprimento di questi fenomeni in gran parte dell’Africa costituisce una minaccia crescente anche per la Chiesa cattolica, per i suoi religiosi e per i suoi laici.
Il 3 giugno in Uganda è stato sventato un attentato dinamitardo suicida alla Basilica dei Martiri ugandesi di Munyonyo che avrebbe dovuto essere messo a segno proprio nel giorno, il 3 giugno, in cui si celebrava la festa liturgica dei Santi Martiri dell’Uganda: 22 cattolici e 23 anglicani convertiti al cristianesimo nel Buganda, regno ora parte del paese, per questo uccisi tra il 31 gennaio 1885 e il 27 gennaio 1887.
Due persone sospette si stavano avvicinando alla basilica a bordo di una motocicletta. L’unità antiterrorismo della polizia le ha intercettate e ha aperto il fuoco contro di loro provocando l’esplosione dei giubbotti esplosivi che indossavano, come si è poi accertato. Le forze dell’ordine erano in stato di massima allerta per garantire che le celebrazioni si svolgessero in sicurezza. In quei giorni infatti al santuario affluiscono ogni anno fino a 2,5 milioni di fedeli, ugandesi in gran parte, ma anche provenienti dai paesi confinanti e da altre parti del mondo. Per fortuna in quel momento non c’erano persone nelle immediate vicinanze dei due attentatori. Il capo della polizia ugandese, Abas Byakagaba, ha confermato che non ci sono state altre vittime oltre a loro.
Benché non ci siano ancora state delle rivendicazioni, si ritiene che l’attentato sia opera delle Forze democratiche alleate (ADF), un gruppo jihadista formatosi in Uganda, da anni insediatosi nella vicina Repubblica Democratica del Congo e affiliato all’Isis dal 2019. Lo confermerebbe il fatto che uno degli attentatori è stato identificato ed è la figlia del jihadista ADF che si fatto esplodere alla stazione centrale della polizia della capitale Kampala nel 2021, anno in cui sono stati compiuti diversi attentati sucidi tutti rivendicati dalle ADF.
Nel vicino Kenya due sacerdoti sono stati uccisi nel giro di pochi giorni. Il 15 maggio è deceduto, nell’ospedale in cui era stato ricoverato, padre John Maina, trovato poche ore prima da un motociclista sul ciglio della strada che collega la città di Nakuru alla capitale Nairobi. Dei malviventi lo hanno rapito per rubargli una somma di denaro donatogli da un parlamentare durante una cerimonia religiosa. Lo hanno poi avvelenato e se ne sono liberati. Il 22 maggio a Tot, nella Kerio Valley, degli sconosciuti hanno teso un agguato a padre Alloyce Cheruiyot Bett e hanno aperto il fuoco contro di lui. Colpito al collo, padre Bett è morto all’istante. Molto probabilmente i colpevoli sono dei ladri di bestiame che temevano di essere riconosciuti e denunciati dal sacerdote. Furti di bestiame e atti di banditismo sono sempre più frequenti nella Kerio Valley e in generale nel nord del paese. Nei primi tre mesi del 2025 sono stati registrati 167 furti di bestiame e 21 persone hanno perso la vita in attacchi armati e operazioni di polizia. Le autorità hanno disposto la chiusura di quasi tutte le scuole della Kerio Valley. Anche la Chiesa sta pagando il suo contributo per questa situazione di persistente insicurezza. In seguito all’uccisione dei due sacerdoti le suore Benedettine Missionarie del Priorato del Sacro Cuore il 1° giugno con rammarico hanno annunciato la chiusura a tempo indeterminato di tutte le loro strutture nella Kerio Valley. Mai si sarebbe immaginato di dover arrivare a tanto proprio in Kenya dove i missionari cattolici sono sempre rimasti al fianco e al servizio della popolazione, persino negli anni 50 del secolo scorso, durante la guerra Mau Mau, quando imperversava la caccia ai bianchi.
In Nigeria nel frattempo è stato rapito un altro sacerdote, ultimo di una lunga serie. Padre Alphonsus Afina la notte del 1° giugno stava rientrando a Maiduguri, capitale dello stato nord orientale del Borno, dopo aver celebrato una messa in un villaggio quando è stato fermato e sequestrato. La maggior parte dei rapimenti in Nigeria sono a scopo di estorsione, ma la zona in cui si trovava padre Afina è territorio di due gruppi jihadisti – Boko Haram, affiliato ad al Qaeda, Iswap, affiliato all’Isis – e quindi potrebbe trattarsi di un’azione in odium fidei. Da gennaio entrambi i gruppi hanno intensificato l’attività. Sempre nel Borno,il 26 aprile una esplosione ha sventrato due automezzi uccidendo 26 persone e il 1° giugno i jihadisti hanno fatto detonare un ordigno alla fermata degli autobus del villaggio di Mairari: almeno nove persone hanno perso la vita e molte altre sono rimaste ferite. Nel vicino stato di Adamawa il 15 aprile è stato attaccato un villaggio abitato da cristiani. I jihadisti hanno ucciso due persone e hanno incendiato più di 30 abitazioni e una chiesa. Il 26 aprile hanno preso di mira la comunità cristiana di Kopre dove le vittime sono state almeno dieci.
Più a sud, negli Stati della fascia centrale, sono le bande armate dei Fulani, pastori di fede islamica, a seminare terrore e morte. Con una serie di attacchi a villaggi cristiani nello stato del Benue, a fine maggio hanno ucciso almeno 42 persone. Il 20 aprile commentando questa situazione, aggravata dal dilagare anche della delinquenza comune, monsignor Hassan Kukah, vescovo di Sokoto, ha detto: «una oscura coltre di morte ricopre il paese da nord a sud. Non c’è casa, famiglia o comunità che sia indenne da questa barbarie. La Nigeria sta raggiungendo un punto di rottura e sta gradualmente diventando un enorme obitorio». Intervistato dall’agenzia di stampa Fides il 7 giugno, padre Solomon Patrick Zaku, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Nigeria, ha parlato anche lui dell’insicurezza sempre più grave e generalizzata, dei danni spesso irreparabili arrecati alle strutture della Chiesa – parrocchie, centri sanitari, scuole – dagli attacchi jihadisti. Di recente i Fulani si sono accaniti in particolare contro tre diocesi nello stato di Benue: Makurdi, Gboko e Katsina. Sono state uccise almeno 50 persone in pochi giorni. Per la gravità della situazione è stato necessario chiudere 15 parrocchie della diocesi di Makurdi. Ma, ha spiegato padre Zaku, «la Chiesa continua le sue attività. Nonostante attacchi e violenze i fedeli continuano a recarsi in parrocchia. Quando vedete sui social media le zone colpite dagli attacchi, potreste pensare che i fedeli disertino le funzioni religiose, invece loro continuano a recarsi a messa nonostante le condizioni di sicurezza precarie. La Chiesa fa del suo meglio per consolare e fortificare le popolazioni che vivono in situazioni precarie e d’insicurezza».