San Pacomio
Convertitosi da giovane e generalmente considerato il fondatore del monachesimo cenobitico, gli sono ascritti diversi primati nella storia della cristianità
A san Pacomio (c. 292-348), generalmente considerato il fondatore del monachesimo cenobitico, sono ascritti diversi primati nella storia della cristianità. Primati tanto più sorprendenti se si pensa che era nato da genitori pagani, a riprova di come la Provvidenza operi meraviglie attraverso chi dà pienamente il suo “sì” alla volontà divina.
Originario dell’Alta Tebaide, intorno ai 21 anni era stato arruolato a forza nell’esercito romano. Con molte altre reclute era finito su una nave, che una sera, scendendo lungo il Nilo, era arrivata a Tebe. Qui Pacomio rimase impressionato dal comportamento di alcuni abitanti della città, che fecero di tutto per portare sollievo a lui e agli altri commilitoni, donando cibo e denaro a quei giovani maltrattati e tenuti come prigionieri. Volle sapere chi fossero i suoi benefattori e si sentì rivelare la loro fede in “Gesù Cristo, l’unico Figlio di Dio”.
Poco tempo dopo Pacomio fu libero dagli obblighi militari e volle ricevere il Battesimo. Sentendo parlare del venerabile esempio di un Padre del deserto di nome Palemone, decise di raggiungerlo. E per sette anni crebbe sotto la sua guida spirituale. Più o meno nello stesso periodo incontrò sant’Antonio Abate, dal quale trasse altri importanti insegnamenti. Un giorno, mentre era raccolto in preghiera nei pressi di una località nota come Tabennisi, udì una voce che gli ordinò di costruire una dimora per i monaci che Dio gli avrebbe mandato. Nacque così, verso il 320, il suo primo monastero cenobitico (forse il primo vero monastero in assoluto), pensato cioè per la vita in comune, che rappresentava una novità rispetto al monachesimo vissuto dagli anacoreti e, in forma ancor più radicale, dagli eremiti. Suo fratello Giovanni si unì a lui e in un tempo relativamente breve il monastero di Tabennisi arrivò a ospitare un centinaio di monaci.
Fu lo stesso Pacomio a scrivere la più antica regola monastica che si conosca. La sua fama si diffuse in tutto l’Oriente cristiano, anche grazie alle numerose conversioni da lui operate e allo zelo con cui difese l’ortodossia dagli eretici ariani. Nel 333 gli fece visita il quasi coetaneo sant’Atanasio e in seguito il ben più giovane san Basilio Magno. Quest’ultimo trasse da Pacomio diverse delle idee poi trasposte nella regola basiliana, la più diffusa nel monachesimo orientale.
Al santo egiziano è attribuita anche la diffusione tra i monaci della corda da preghiera, la cui invenzione viene fatta risalire comunque a sant’Antonio. All’epoca era consueta la recita giornaliera dei 150 Salmi. Ma per i religiosi illetterati e non in grado di memorizzare l’intero Salterio, si poneva il problema di recitare un congruo numero di orazioni alternative. Si tramanda che fu proprio Pacomio a suggerire ai suoi monaci (i quali, alla sua morte, erano già sparsi nei sette-otto monasteri da lui fondati) di usare la corda per tenere il conto delle preghiere, secondo quella pratica che nei secoli diventerà comune tra i fedeli, grazie al Santo Rosario.